Domenica al San Paolo c’è Napoli-Genoa che segnerà probabilmente la prima gara di Armando Izzo al San Paolo. Il difensore classe ’92 è cresciuto nel settore giovanile azzurro ed è destinato a diventare un rimpianto per la scelta scellerata di lasciarlo all’Avellino al momento delle buste per “pochi spiccioli”. La favola di Armando Izzo è una delle storie più belle che può esprimere il vivaio del Napoli, per andare a fondo nella sua storia abbiamo intervistato Felice Mollo, l’allenatore che l’ha guidato nei Giovanissimi, negli Allievi Regionali e nella parentesi in Berretti con la vittoria dello scudetto di categoria.
Ieri Alessandro De Vena, compagno di squadra di Armando Izzo, ci raccontava che l’attuale difensore del Genoa era inserito nei gruppi di seconda fascia, quelli impegnati nei tornei regionali. Ci puoi spiegare le motivazioni di queste scelte e il percorso complessivo vissuto da Armando?
“Il responsabile del settore giovanile Giuseppe Santoro m’assegnava sempre i gruppi B perchè mi riteneva all’altezza nel gestire certe situazioni. Armando faceva parte dei ’92 del secondo, dove paradossalmente sono emersi più calciatori che poi hanno giocato nei campionati professionistici. Parlo di Izzo, De Vena, Donnarumma (per quattro stagioni in Lega Pro, ora in Serie D alla Cavese) e Guerra, mentre, ripensando ai ragazzi che formavano il gruppo A che disputò il campionato Giovanissimi Nazionali, mi rendo conto che è approdato tra i professionisti solo Trotta, trasferitosi in Inghilterra a circa sedici anni. Anche nell’esperienza più bella vissuta nel settore giovanile del Napoli, lo scudetto Berretti, gestivo un gruppo di ragazzi che non erano considerati pronti per la Primavera. Riguardo ad Izzo, era difficile far emergere le sue grandi qualità. Armando impressionava per la capacità di lettura delle situazioni e lo spessore tecnico tanto da sembrare più un centrocampista che un difensore in certi frangenti. La mia principale preoccupazione era di natura fisica, Armando aveva bisogno di più centimetri. Su quest’aspetto mi tranquillizzò il padre di un altro ragazzo, Raffaele Maiorano, che mi rivelò che il papà di Izzo era molto alto e che quindi Armando sarebbe cresciuto ma comunque lui fu uno degli ultimi a completare lo sviluppo fisico. Nella crescita di Izzo, però, ha avuto un grande peso l’aspetto mentale. Armando faceva fatica a trasformare fuori la grande personalità che, invece, ha sempre avuto in campo”
E’ molto interessante la disamina sul conflitto interiore che viveva Izzo a quei tempi. Ce lo puoi spiegare meglio?
“Sono cresciuto anche io senza la figura del padre che purtroppo Armando ha perso presto, perciò probabilmente riuscivo ad entrare nella sua sfera psicologica. Izzo era un timido e soprattutto la condizione familiare in cui viveva ha rischiato di non farlo più giocare a calcio. La svolta è avvenuta nel periodo in cui lui giocava negli Allievi Nazionali, categoria in cui ebbe dei problemi e, infatti, ritornò nel mio gruppo, negli Allievi Regionali. Armando non stava più venendo agli allenamenti e allora Santoro mi chiese di convincerlo a rientrare. Gli dissi che il calcio poteva essere la sua salvezza anche per tenerlo lontano dai pericoli della strada, lui rientrò e la società riuscì a trattenerlo. Santoro stabilì per lui un rimborso spese e diede al dirigente accompagnatore Cristiano Mozzillo, oggi responsabile organizzativo del settore giovanile, il compito di portarlo a casa dopo gli allenamenti. Facevamo a turno sotto quest’aspetto, coinvolsi anche altre persone dello staff e i genitori di altri suoi compagni di squadra, in primis Montuori. Nella gestione della figura di Izzo all’interno del gruppo cercavo d’accontentarlo spesso ma allo stesso tempo anche di responsabilizzarlo e, infatti, più volte gli assegnavo la fascia di capitano. Ha grandi meriti anche il suo procuratore Paolo Palermo che l’ha aiutato sotto tutti gli aspetti credendo tantissimo in lui”
Hai avuto modo di seguirlo anche nel percorso tra i professionisti, dalla Triestina fino al Genoa di Gasperini. Quali sono le tue impressioni in merito alla sua crescita?
“L’ho seguito spesso, a volte vedo le sue partite e non quelle del Napoli. La gestione di Gasperini è stata ottima perchè nella scorsa stagione non era ancora pronto per essere un titolare e giocare con continuità. Sta crescendo tantissimo, è destinato ad affermarsi come giocatore importante sfruttando le sue caratteristiche da regista difensivo. E’ ambidestro, sta migliorando nell’interpretazione del ruolo di difensore centrale e può giocare sia a tre che a quattro”
Passiamo ai giorni nostri. Vista la tua esperienza, qual è il tuo pensiero in merito al lavoro che sta svolgendo il settore giovanile?
“Grava non è Harry Potter, non è attrezzato per i miracoli, c’è bisogno di tempo. La società dovrebbe investire di più sul settore giovanile, dieci anni fa avevamo problemi con i campi e li abbiamo comunque, anche se in forme diverse, ancora oggi. Il Napoli non ha un centro sportivo di proprietà e l’impianto di Sant’Antimo ha un solo terreno di gioco ad undici. Da tifoso mi dispiace per le difficoltà della Primavera, sapere che il Napoli non partecipa alla Viareggio Cup perchè la società non ha ritenuto il gruppo a sua disposizione all’altezza della competizione fa male. Questa situazione è frutto degli errori del passato, della scelta di svincolare tanti ragazzi che potevano essere utili. Se avessimo anche noi agito in questo modo con i ’95 e i ’96, queste difficoltà della Primavera si sarebbero verificate anche nella scorsa stagione. Vedo il Napoli ancora in difficoltà nel tentativo di blindare la Campania, molti club vengono ancora in Campania a prendere i ragazzi più interessanti. Santoro in tal senso realizzò un’operazione brillante, avevamo due squadre per categoria e circa 400-500 ragazzi. Questa politica ha fatto in modo che ci siano oggi diciotto giocatori cresciuti nel vivaio del Napoli in quel periodo militino tra i professionisti, tra questi quattro in serie A e tre in B”
A cura di Ciro Troise
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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