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ESCLUSIVA- Ciro Muro: “Quando giocavo ero già un allenatore in campo”

"Metamorfosi tra primo e secondo tempo? Paghiamo l'inesperienza"

La vittoria contro l’Empoli ha portato gli azzurrini in semifinale che domani affronteranno la Reggina per continuare a credere nel sogno scudetto di categoria. Uno dei protagonisti di quest’avventura è sicuramente il tecnico Ciro Muro, maestro di un valido gruppo classe ’97 che si sta mettendo in luce alla final eight di Chianciano.

Rovesciamo la medaglia, partiamo dalla sua carriera da calciatore. Ce la racconta?
“Ho fatto tutte le giovanili del Napoli fino alla prima squadra. Ho debuttato in serie A con la maglia azzurra,successivamente sono andato a giocare a Monopoli,  nell’ 84-85 con il Pisa. Successivamente sono ritornato nel Napoli dove ho vinto scudetto e Coppa Italia insieme al grandissimo Diego Armando Maradona. Negli anni successivi non ho trovato lo spazio per proseguire con la maglia azzurra e allora ho deciso di andare a giocare nella Lazio per due anni, poi ho fatto 4 anni di serie B con le maglie di Taranto (2 stagioni), Messina (1 stagione) e Cosenza (1 stagione). Sono poi andato a giocare in serie C con l’Ischia, poi all’Albanova prima di terminare la carriera”.
Dal campo alla panchina. Ha cominciato subito l’avventura da allenatore?

“Si, quasi subito ho iniziato la carriera da tecnico-calciatore nell’Interregionale con la Viribus Unitis, successivamente ho allenato in Eccellenza a Capriati per due stagioni e poi ho lavorato nelle giovanili della Mariano Keller. Sono tornato poi  nel Napoli, mi piace molto il lavoro di guida dei giovani anche perchè quando giocavo già mi comportavo come un allenatore in campo. I tecnici mi usavano per riportare ai compagni le indicazioni tattiche”.

I Giovanissimi Nazionali in semifinale rientrano in un percorso caratterizzato da buoni risultati in tutte le categorie. Si aspettava una crescita di questo tipo per il vivaio azzurro?

“Sì, è stata evidente la crescita del settore giovanile. Peppe Santoro ha fatto tanti sacrifici nel portare avanti un discorso e oggi si raccolgono i frutti di un grande lavoro che ha accompagnato anche la cavalcata della prima squadra dalla Serie C ai grandi palcoscenici internazionale. Senza dimenticare il contributo dato da Caffarelli, dal ds Bigon, dal responsabile del settore giovanile Barresi. Questo lavoro si vede nei risultati ottenuti nelle varie competizioni. Personalmente poi non mi posso lamentare, l’anno scorso sono arrivato alle fasi finali con gli Allievi Nazionali e quest’anno sono in semifinale con i Giovanissimi”

Passiamo alla storia recente. Stiamo seguendo la final eight di Chianciano, abbiamo notato una grande differenza nelle prestazioni tra i primi ed i secondi tempi. Ci può spiegare le motivazioni di questa metamorfosi nel corso delle gare?

“Sicuramente paghiamo l’inesperienza. Essendo ragazzi di 14-15 anni, si affacciano per la prima volta in una competizione così affascinante. Per loro non è facile affrontare compagini della portata di Milan e Inter, squadre già abituate a sfide così importanti. Noi invece abbiamo affrontato un girone con club di Lega Pro e solo la Juve Stabia come società di serie B. Attraverso i tornei in cui ci confrontiamo con realtà di grande spessore, possiamo tastare le nostre qualità. Devo essere onesto, ho notato una grande crescita dei miei ragazzi. L’anno prossimo molti potrebbero essere promossi negli Allievi Nazionali e ciò rappresenta un motivo in più per mettersi in mostra”.

Dovevate affrontare in semifinale l’Inter ma l’errore tecnico dei nerazzurri (8 sostituzioni compiute, una in più alle sette previste dal regolamento, ndr) vi regala come avversario la Reggina. Cosa ci può dire sul vostro prossimo avversario?

“Ho visto la Reggina alla Nike Cup, è una buona squadra, ha le nostre stesse qualità tecniche. Sicuramente l’Inter è la migliore compagine del torneo, però, ci è toccata la compagine amaranto e abbiamo il 50% di possibilità di conquistare la finale di giovedì”.

Si relaziona quotidianamente con dei giovani talenti. Cosa consiglia loro per vivere al meglio la scalata verso il calcio professionistico?

“Bisogna essere umili, capire il lavoro sul campo, migliorarsi giorno dopo giorno e soprattutto essere educato; per noi tecnici alla base di tutto c’è il rispetto. E’ importante poi non essere individualisti, mettere le proprie qualità sempre al servizio della squadra”.

Intervista a cura di Alessandro Sacco






 


 

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