E quando tutto sarà finito, il campionato e la Champions, e il mercato comincerà a pulsare freneticamente: a quel punto, soprattutto in quell’istante, diventerà inevitabile dare una scrollata al proprio piano e cominciare a guardare dentro. Perché quando il pallone si sarà fermato, e le distrazioni del campo finiranno di rubar tempo, diventerà meccanico liberare le proprie idee, provare a concretizzarle o almeno a disegnarsele. Si scrive Sanchez e si legge stropicciandosi gli occhi, abbagliati dal fascino stellare d’un fenomeno da Barça, dalle sue serpentine che conducono nell’ignoto: si vedrà, però per il momento, nel chiuso di quel cassetto dei sogni, il niño maravilla domina gli scenari fantastici d’un mercato da affrontare con cautela, senza lasciarsi travolgere da alcuna forma d’ansia, aspettando gli sviluppi universali.
Alexis Sanchez (24 nello scorso dicembre), il chiodo fisso di Aurelio De Laurentiis nell’estate del 2011, il funambolo per il quale l’offerta – e non è leggenda – arrivò intorno ai quaranta milioni di euro: e quel pranzo in barca nelle acque ancora gelide di Capri, con Giampaolo Pozzo, non condusse ad un affare (già chiuso con il Barcellona), ma ribadì una volta di più la consistenza di un rapporto amicale tra due presidenti che si stimano. Il Sanchez catalano resta un top player, nonostante le difficoltà, e ha un ingaggio sontuoso: però, chi ha mai detto che è vietato rimettersi in gioco?
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