Altro che Behrami ed Henrique. Nei corridoi del Dragao, nella notte di Europa League, il vero pressing asfissiante su Fernando è quello perpetuato dai dirigenti del Porto, preoccupati, anzi terrorizzati, dell’effetto devastante che qualunque dichiarazione sul futuro e sul mercato potrebbe avere tanto sul rapporto con i tifosi quanto sugli equilibri così fragili che il nuovo tecnico Luis Castro sta provando a ricostruire. «Non rispondere, non rispondere a questa domanda», continua a ripetergli l’angelo custode che lo scorta durante la sfilata in mixed zone, agevolato da un particolare di non poco conto: il brasiliano, che pure ha tanta esperienza internazionale, rilascia dichiarazioni solo in portoghese. Mastica poco l’inglese, a differenza di chi lo accompagna e capisce bene la natura dell’interrogativo: Fernando ha estimatori in Italia, a partire proprio dal Napoli ma senza dimenticare l’Inter, per non parlare del resto d’Europa, tendenzialmente l’Inghilterra, sostanzialmente il Manchester City. E non inganni il fatto che poche settimane fa il centrocampista abbia rinnovato con il Porto fino al 2017: la realtà dei fatti è che quella firma è un atto d’amore per il club che lo ha lanciato, un “assist” propedeutico a una strategia d’approccio al mercato che non mortifichi troppo le esigenze di cassa della società biancazzurra. Altrimenti, perché firmare per appena tre anni?
LA SITUAZIONE – Riassunto delle puntate precedenti: Fernando era entrato nel mirino (anche) delle società italiane perché aveva i costi giusti per un’operazione tecnicamente molto interessante, soprattutto quando la scorsa estate era entrato nell’ultimo anno di contratto, il che ha fatto lentamente precipitare la sua quotazione fino allo zero. Poi la firma che, per ora, ha cambiato le carte in tavola: il brasiliano avrebbe potuto accordarsi con un altro club per la prossima stagione, preoccupandosi solo di strappare l’ingaggio più ricco possibile, invece ha scelto la via della concertazione, per dirla in sindacalese. Non farà al Porto lo sgarbo di andare via a costo zero, ma ha un accordo sulla parola per muoversi già tra pochi mesi di fronte ad opportunità irrinunciabili. A quale prezzo? Le cifre che circolano, e che risultano dai sondaggi effettuati dal City ma anche da altre società (italiane incluse), si attestano sui 15 milioni di euro. Negli ambienti portoghesi, però, c’è la convinzione che il Porto potrebbe accontentarsi di andare in doppia cifra. In fondo, sarà tutto guadagno netto rispetto alla prospettiva di vedere Fernando andare via gratis. Per ora il brasiliano si è visto riconoscere un aumento sostanziale, in percentuale, dell’ingaggio, ma il tetto salariale del Porto – circa 1,5 milioni di euro – è un’inezia rispetto a quello che potrebbe guadagnare altrove. Sì, anche in Serie A.
Molto dipenderà, è evidente, anche dal cammino del Porto in campionato. A otto giornate dalla fine è terzo a -9 dal Benfica: ormai non è più nelle condizioni di poter difendere il titolo, la corsa è proiettata sul secondo posto – ora nelle mani dello Sporting, due punti più su – che vuole dire certezza dei soldi della Champions per il club e garanzia della massima ribalta europea per il giocatore. Domani c’è lo scontro diretto, a Lisbona. «Abbiamo poco tempo per recuperare, sappiamo che andremo ad affrontare una squadra competitiva e con giocatori di qualità, ma speriamo di fare una grande partita», il Fernando-pensiero.
VERSO IL SAN PAOLO – Non avrà i colpi di Pirlo, soprattutto sulla lunga gittata, però è abituato a giocare nel centrocampo a tre, il che lo rende compatibile anche per il 3-5-2. Ha però il ritmo, la sostanza e la vocazione all’oscuro lavoro di filtro a protezione della difesa che si richiede ai due mediani nel 4-2-3-1, incidentalmente il modulo adottato da Benitez… Contro il Napoli ha confermato, semmai ce ne fosse bisogno, di essere il perno del Porto: ruba palloni – non a caso è da sempre ribattezzato “polpo” – e li smista con rapidità, senza fronzoli, per le incursioni dei due intermedi o per la corsa degli esterni. Sarà lui a gestire i ritmi di gioco al San Paolo e, quindi, il vantaggio di un gol. «Partiremo da un vantaggio minimo, ma l’1-0 è un buon risultato», ha spiegato. Di sicuro sarà l’osservato speciale, in tutti i sensi.
Fonte: Corriere dello Sport
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