Qualche bugia ogni tanto gli scappa, tipo quella che dice a ripetizione: «Noi non puntiamo a un posto in Champions ma solo a crescere e a migliorare». Ma sul suo futuro Walter Mazzarri sta dicendo solo la verità. L’indecisione che traspare da certe sue frasi si giustifica anche in un altro modo: vuole capire che Napoli nascerà la prossima estate.
Paolo Cannavaro, il capitano, prova timidamente a trattenerlo. «Chi più di me può desiderare che lui resti con noi? È bravo e gli sono legato. Ma non chiedetemi cosa farò per convincerlo a rimanere: è una decisione che toccherà a lui e alla società a fine stagione». Mazzarri ha in mano il suo destino, perché è lui che potrà scegliere di andarsene senza dar conto a nessuno; ma anche di restare, e De Laurentiis non aspetta che sentirselo dire con certezza. Anzi, il presidente del Napoli è in pressing. E il direttore sportivo Bigon ha già presentato informalmente una proposta per il futuro al tecnico di San Vincenzo. Se deciderà di restare, il Napoli è pronto a fargli firmare un triennale, con un notevole ritocco dell’ingaggio tale da renderlo l’allenatore più pagato del campionato italiano. Più o meno le cifre che adesso Conte guadagna alla Juventus, ovvero poco più di 3 milioni a stagione. E non solo: contratto nuovo per l’intero staff e via libera per l’ingresso di nuovi collaboratori tecnici che l’allenatore toscano sceglierà personalmente.
Il consulente legale del tecnico, l’avvocato Giuseppe Bozzo, pare ritenga assai conveniente la proposta del Napoli. Ma per Mazzarri non è ancora arrivato il momento di prendere una delle due strade del bivio. E se certi indizi positivi non sono comunque determinanti (il contratto d’affitto della casa dove vive a Pozzuoli dal 2008 non è stato ancora disdetto e questo elemento è spesso molto indicativo), altrettanto va detto di quelli negativi: perché non rompe gli indugi e dice, una volta per tutte, che vuole restare?
Cosa può spingerlo a dire addio? Il piacere di cercare sfide sempre diverse e più ambiziose, la tendenza a non accontentarsi di quello che può sembrare – e magari è – più comodo e più facile. Ma non bastano le offerte, soprattutto le offerte che gli arriveranno: il telefono di Bozzo, il suo legale di fiducia, non è rimasto muto in questo periodo e diventerà incandescente se si dovesse sapere che Mazzarri sarà realmente sul mercato.
Ma non sarà neanche quello, non solo quello, a farlo decidere: qualunque sarà il club – e l’Inter è in pole position – Mazzarri non considererà come unico ago della bilancia le garanzie tecniche ed economiche che riceverà. Saranno altre le sensazioni a cui darà retta, fidandosi del suo istinto.
Ma in questi giorni, ed è questa l’altra faccia della medaglia, c’è qualcosa di molto forte che lega Mazzarri al Napoli. Qualcosa che consente di dire che forse Mazzarri era più lontano dal Napoli un mese fa di quanto non sia oggi. Il toscano è sinceramente felice e orgoglioso di quello che sta facendo, gratificato da come il gruppo e anche la società si sono compattati attorno a un progetto, un’idea nella quale lui non fa fatica a riconoscersi. E Cannavaro, ieri a Castelvolturno, ha ammesso le grandi ambizioni di questa squadra: «Noi inseguiamo il secondo posto ma l’aritmetica dice che la Juventus non è ancora irraggiungibile: e allora giusto crederci fino alla fine allo scudetto. Ma attenzione: dovessimo arrivare secondi, sarebbe un risultato storico. E non vorrei che qualcuno parlasse di flop». Un segno di enorme compattezza. Tant’è che il capitano ha aggiunto: «La nostra è stata solo una crisi di risultati, non certo di gioco».
Mazzarri, nonostante le parole in pubblico, insegue la Champions, piazzamento di enorme prestigio per sé e per il Napoli. Il tecnico poi è stimolato dalla possibilità, con qualche ulteriore accorgimento, di migliorare questa squadra al punto da poter aprire un vero ciclo. Ovvio, vorrebbe garanzie anche sui nomi di quelli che verranno. E poi Mazzarri non è insensibile all’enorme pressione positiva, un cocktail di affetto e stima, cui è sottoposto ormai da un po’: i tifosi lo considerano un totem, la squadra lo segue come un profeta e guarda con preoccupazione ad un suo possibile addio.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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