E poi diventano cose da “pazzo”, in tutti i sensi: perché tra le pieghe del mercato bisogna riuscire a reggersi forte, sapendo che le spallate e le ondate sono all’ordine del secondo. E poi è una storiella che riemerge e che rappresenta un indizio, semplicemente un indizio, però vale anche come prova di un’ammirazione indiscutibile, recente e persino fresca: perché appena cinque mesi fa, quando ancora pareva necessario rimediare un autentico vice-Higuain, il nome ricorrente intorno al Napoli di Benitez fu quello di Giampaolo Pazzini. Tutto torna, al mercato, e prim’ancora di etichettare un’idea come una trattativa, val la pena di spiegarla bene: la ricerca del centravanti che sappia stare alle spalle de “el pipita” prosegue e in quella cerchia – mica tanto abbondante – di personaggi con curriculum vitae e e caratteristiche idonee, Pazzini ha i tratti perfetti per godere del gradimento del Napoli.
LUI E GLI ALTRI. C’è una lista mica così ampia nella quale entra di diritto Jackson Martinez (ventotto anni; ma quanto costa?); c’è quell’Aubameyang che un anno fa fu vicinissimo (venticinque anni ma è esterno), c’è la voglia matta di individuare un attaccante che sia prima punta o anche appoggio tra le linee di Hamsik, e poi comunque c’è Pazzini, che compirà trent’anni ad agosto, che è fisico, ha lo stacco di testa imperioso (nel Napoli, che gioca però sempre palla a terra, manca), che ha un carattere docile e che però quando va in campo diventa un leone. Le riflessioni sono un dovere e poi l’estate è lunga: nel gennaio del 2013, Blerim Dzemaili stava per finire al Milan; si ritrovò con la valigia in mano ed il biglietto stracciato dall’impossibilità di combinare lo scambio con Nocerino. Pazzini è il prototipo del vice-Higuain, Dzemaili ha già catturato il diavolo a modo suo: va a a finire che quel vociare….
«PAZZESCO». E’ un’eco che arriva da lontano: e mentre nell’aria c’è Javier, ciò che resta (ora) da fare e aspettare, (ri)leggere e vietar d’interpretare quel pensiero ad alta voce di Luis Enrique: «Mascherano come Xavi è importante fuori e dentro al campo; entrambi sono il simbolo di ciò che può dare un capitano» . Oh, capitano: all’improvviso è già cominciato un altro capitolo, come consuetudine d’un mercato che vive sempre, che alimenta le notizie attraverso un sospiro e (quasi) le cancella con quella frase che ha l’effetto d’un boomerang. “C’est la vie”, però (eventualmente) perso un regista se ne può fare sempre un altro, (ri)pensando a Gonalons e alla sua autorevolezza che ha colpito Benitez, (ri)aspettando Aulas che intanto ha dato appuntamento al proprio pupillo per incontrarlo (e dirsi addio….?).
CHE SERATA. Passa come un soffio Ganso, che in Brasile danno al Napoli ma così non sarà. E’ sempre un altro giorno, domani, e talvolta lo è pure oggi, mentre state leggendo, mentre vi appisolate, mentre facciate qualsiasi cosa appartenga alla normalità ed altrove, chi può negarlo?, si scopra l’eccezionalità di un “evento”. Succede nella Barcellona d’un 21 maggio che ad un certo punto amplifica il sussurro al vento di Luis Enrique, fresco di panca: « Mascherano? Non vorrei parlare di singoli ma lui è come Xavi, ha grande personalità ed è il chiaro esempio di quello che può essere un capitano» . Le traduzioni, talvolta, sono superflue: e il sospetto che all’improvviso siano cambiati gli scenari è fondato. Cose da pazzi, ripensandoci un po’…
Fonte: Corriere dello Sport
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