Il 29 gennaio del 2014: era un mercoledì e c’era (relativamente) lo stress da prestazione; si giocava Napoli-Lazio di coppa Italia e un clima festaiolo per accogliere (degnamente) Edy Reja. Ma, comunque, era un giorno qualsiasi: privo di accadimenti significativi o, se preferite, di segnali avvincenti: una partita e vabbè, cosa volete che sia, certo un’anticamera per la finale del 3 maggio; certo, un’occasione per dare un’occhiata a Marek Hamsik, per verificare la sua consistenza fisico-tattica, minata da due mesi d’inattività. Il 29 gennaio del 2014 a Capodichino è atterrato un aereo privato, sono arrivati due emissari del Manchester United, hanno sbirciato da vicino, da molto vicino Hamsik per i 76 minuti ch’è stato in campo e poi hanno continuato a pedinarlo sistematicamente. Ora – verrebbe da dire ormai da tre mesi – c’è un osservatore (quasi) fisso al san Paolo, talvolta sono due. E però, parlar di trattativa sa d’eccesso: ma sono venuti fin qua, per vedere giocare Marekiaro.
Missione. La novità è gustosa, emerge dal ventre d’un mercato che non va mai in ferie e che richiede l’attenzione permanente di chiunque abbia in mente un progetto: vero, quello era un altro Manchester United, targato Moyes ma i club, si sa, procedono a prescindere dagli allenatori, hanno linee-guida che traccia il management e non ci si sposta dall’Inghilterra a Fuorigrotta come se fosse una gita fuori porta.
Osservatori. Né si spedisce una settimana sì e l’altra pure un proprio 007 per tenersi materia in archivio. Ma poi, Oltremanica, Hamsik ha un suo appeal: il Chelsea, in epoche non sospette, aveva sistemato al san Paolo (o anche fuori casa) un inviato speciale. Non se n’è mai fatto niente, perché Hamsik è sempre stato ritenuto incedibile dal Napoli e da De Laurentiis, ruolo che stavolta appartiene ancora al centrocampista, però con tutte le variabili impazzite del caso: perché dinnanzi ad un’offerta, perché in presenza di una volontà, perché bla-bla-bla, il mercato è questo e conviene farsene una ragione. Hamsik è il fiore all’occhiello d’una squadra ch’è cresciuta assieme al proprio capitano, divenuto improvvisamente (fatalmente) non più intoccabile, come suggeriscono le panchine – in gare fascinose – nell’ultimo bimestre.
Oh Arsene. In Inghilterra, per dirla tutta, non se la passano poi male: ma da qui ad allestire mercati virtuali. Però si sa come vanno certe cose: raccontano dalle parti dell’Emirates che ad Arsene Wenger piaccia – pure a lui – Marek Hamsik. E’ un’eco e non è neppure fastidiosa. E la sterlina ha un suo peso specifico, fa corsa a sé. Però il 29 gennaio 2014 è successo qualcosa di nuovo, forse d’antico: perché un blitz in piena regola nasconde molto più di un’idea.
Fonte: Corriere dello Sport
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