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Fiducia incondizionata, a fine stagione il Napoli proporrà un triennale a Pepe Reina

Si incarta come il ragionier Filini quando Fantozzi gli passa la palla, e intanto compare San Pietro seduto sulla traversa. Quelli del Livorno non sono una squadra di scapoli, ma fa impressione vedere e sapere che il Napoli ha preso gol per colpa (colpa!) di Pepe Reina.
Livorno uno, Napoli uno. Drammone, che fa quasi sempre rima con pallone. Tre giorni dopo, l’eroe della notte di Europa League si trasforma in uno da prendere a pallate. Neppure fosse un pupazzo di gomma e non un drago. Una mazzata il misero punto conquistato in riva al Tirreno, in uno stadio che si infiamma come non succedeva da mesi. Perché qui il Livorno, per intenderci, ha vinto solo la gara con il Sassuolo nelle ultime cinque partite interne. Poi, per il resto solo sconfitte.
Il Napoli resuscita pure gli amaranto. E Reina ci resta male. Gli istanti che seguono alla papera sono di fattura statuaria: lo spagnolo pare scolpito dal Canova. Lui, il portiere che Del Bosque potrebbe schierare tra i pali della Spagna campione di qualsiasi cosa, si è concesso il raffinato lusso dell’errore. Non succede quasi mai. Perciò, quando capita, c’è il rumore di una diga che crolla. Nell’azione che forse non cambia il campionato degli azzurri ma, per così dire, lo spaventa assai, c’è il concorso di colpa di Britos.
Reina vorrebbe mangiarsi il compagno ma ingoia pensieri e parole. Questa volta, a fine partita, non parla. Esce dal ventre dell’Ardenza smanettando sul cellulare e a testa bassa. Contro lo Swansea le sue parole fecero pensare: «Avremmo meritato di perdere 4-1», disse sincero.
Figurarsi cosa avrebbe potuto dire ieri. Reina, in questa stagione, è stato capace di prodigiosi recuperi e parate strepitose. Come contro lo Swansea. Se il Napoli sogna in Europa è solo per le sue prodezze. E infatti stanno facendo qualsiasi cosa al Napoli pur di non lasciarlo andare via. La papera di ieri non è uno schizzo di fango sulla sua vernice di totem perché è proprio in serate del genere che i fuoriclasse sanno trovare la forza e la magia.
E infatti il numero uno azzurro a fine gara è uno dei tre, con Mertens e Inler, ad andare a salutare i mille tifosi azzurri presenti all’Ardenza. Serata storta, povero eroe. Il portiere è un trasmettitore di sicurezza o di paura, il suo fluido viene captato dai compagni che lo elaborano a seconda della percezione ricevuta. Anche gli avversari, come i più feroci predatori, sentono bene l’odore del sangue: e ieri al vecchio Pepe quelli del Livorno hanno regalato segnali non trascurabili, mettendosi lì a tirare anche dalla distanza.
Ma Reina ha ballato solo in quella circostanza. E poi basta. Mentre il resto della difesa ha continuato a vacillare contagiando pure il migliore di tutti. Cos’abbia dentro il povero Pepe subito dopo la partita in quei minuti indecifrabili lo racconta il suo viso: i primi piani dopo i gol, ieri, sembravano racconti di pagine intere senza bisogno di una sola parola. Ma ne esisterebbero ancora tre, da pronunciare già contro la Roma, tra una settimana: io sono Reina. Senza il punto interrogativo. Il suo futuro è ancora tutto da scrivere. Tornerà a fine stagione a Liverpool dove chiederà (e non otterrà) il rinnovo del contratto. A quel punto Rodgers gli dirà che può andarsene. Il Barcellona non sembra più interessato a lui: ha scelto Ter Stegen, promessa della Germania. Il Napoli è alla finestra, attende un suo segnale: se dirà che vuole restare, dovrà però ridursi di un po’ lo stipendio. Se dirà di sì per Pepe è pronto un triennale.

Fonte: Il Mattino

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