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Dzeko: gigante del gol e uomo-Unicef

Il bosniaco entrerebbe nell'affare Cavani con il Manchester City

Un gigante, sì, ma dalla faccia buona e il cuore d’oro. Edin Dzeko, il bomber che non perdona, il cinico castigatore di stopper e di portieri, quando volta le spalle all’area di rigore è soprattutto un ragazzone di gusti eccellenti e di buoni sentimenti. Non per nulla nel novembre del 2009 l’Unicef lo volle ambasciatore. Ambasciatore di pace – lui che, ragazzino, fu costretto a scappare dalla Bosnia per colpa di una guerra infame – e ambasciatore di solidarietà. Investitura che è diventata davvero una missione. Tant’è che le fortune che s’è meritato, non solo quelle materiali, da tempo le condivide con chi ne ha più bisogno, come può testimoniare Aner Zelic, il ragazzo della Bosnia a lungo ricoverato alla Royal Infirmary di Manchester al quale, purtroppo, la vita non sorride. «Prendermene cura è una mia responsabilità, visto che anche come ambasciatore dell’Unicef lavoro molto coi bambini» , raccontò Dzeko, il quale in questa sua missione ha coinvolto anche Amra Silajdzic, attrice, modella e bella fidanzata. Ma quando è in campo il signor Dzeko cambia da così a così. Là, sul prato, infatti, ci va proprio per rendere complicata la vita a chi gli sta di fronte. E ci riesce. Per informazioni rivolgersi a Paoluccio Cannavaro che lo ebbe avversario in Champions League. «L’attaccante che mi ha dato più pensieri? Nessun dubbio: Dzeko» , dice infatti ancora oggi il capitano azzurro. Anche se, in verità, al bomber del City il San Paolo non ha mai portato bene. Due volte ci ha giocato e due volte ha perso per due a uno: in Champions, appunto, ma anche nell’agosto del 2010, quando fu un’amichevole con il suo Wolfsburg ad aprire la stagione. Ma almeno Edin Dzeko quel giorno si prese la soddisfazione di far gol, seppure solo su rigore. Che ci sia davvero Napoli nel destino di questo calciatore? Cert’è, come capita agli attaccanti di talento, Dzeko è stato ed è nei desideri di un buon numero di club. Anche italiani, se è vero come è vero che è finito negli appunti neppure troppo segreti degli uomini-mercato del Milan, dell’Inter e anche della Juve.
Alto 193 centimetri, padrone di una buona tecnica, abile col destro e pure col sinistro, forte nel tiro da fuori e nel gioco alto, capace di buona difesa della palla anche quando gioca con le spalle alla porta, infatti, Dzeko non è “soltanto” uno spilungone statico da area di rigore. Ma quel che importa: ha confidenza con il gol, anche se negli ultimi tempi Mancini l’ha costretto spesso alla panchina. Cosa, però, che anche in quest’ultima stagione in Premier non gli ha negato 32 presenze, 14 gol e 3 assist. Numeri che, sommando campionato, coppe, Nazionale di Bosnia e anche le tre amichevoli disputate nell’ultima stagione, raccontano invece di 53 presenze, 22 gol e una dozzina d’assist. Insomma, nonostante l’orticaria per non essere stato titolare fisso con Mancini, Dzeko anche stavolta non se l’è cavata male. «E’ un giocatore che nel campionato italiano potrebbe tranquillamente segnare venti gol» , ha detto qualche tempo fa di lui proprio Mancini. E deve pensarla allo stesso modo il Napoli se ha in mente proprio a lui per colmare il vuoto che potrebbe lasciare El Matador.
Convinzione rafforzata dai numeri del bomber nato a Sarajevo il 17 marzo dell’86 e che il meglio di sé l’ha dato nella Bundesliga, campionato che nel 2010 lo vide pure capocannoniere. Tant’è che al Wolfsburg vorrebbero riaverlo. Voluto là da Magath (Felix Magath, il tedescone incubo della Juve per quel gol che nella finale di Atene portò via la Coppa dei Campioni ai bianconeri giusto 30 anni fa) Dzeko, infatti, formò con “Grafite” , il brasiliano, una coppia da ben 56 reti in campionato, migliorando il record che apparteneva alla mitica accoppiata Mueller-Hoeness. Roba d’altri tempi, ormai.

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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