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De Laurentiis: “Champions o campionato? Voglio tutto! Ecco chi mi ha chiesto Benitez…”

Sta iniziando un nuovo ciclo. Vogliamo andare lontano in Champions e lottare fino in fondo per il titolo

Dimaro. La voglia di scudetto, l’elogio al professore Benitez, l’addio di Cavani, l’obiettivo Damiao, la questione stadio. Aurelio De Laurentiis alla partenza della nuova stagione parla a 360 gradi e in lui traspare grande ottimismo.
Presidente, le sue prime sensazioni sul nuovo Napoli?
«Positive perché c’è armonia e non c’è rigidità, sembra un ritiro tra amici. Ci sono i giovani della Primavera, i vecchi e i nuovi innesti: vedere che tutti sono collaborativi, anche se qualcuno non farà parte della nuova rosa perché dovremo essere 25 e ci saranno altri innesti dal mercato, è importante. Sono tutti impegnati in una preparazione godibile. Avere un professore come Benitez è un’esperienza bella per tutti».
Cosa l’ha convinta di Benitez?
«Innanzitutto parla inglese, italiano e spagnolo e potrà dialogare con tutti i calciatori in modo che nessuno vada in depressione o se ne stia nell’angolo. E poi Benitez ha vinto tutto con squadre importanti ma che non erano pienissime di top player continuando poi a trionfare in società non blasonatissime anche se di prima fascia. Mi è piaciuto il fatto che sia riuscito a fare un ottimo lavoro con giocatori giusti per il suo modo di vedere il calcio e non necessariamente con delle star. È fondamentale che un allenatore si prenda le responsabilità e non le dia ai direttori sportivi o allo scouting, perché se non si conoscono i calciatori devi rimanere nel terreno italiano. Quando parli a Benitez di un calciatore, lui fa scattare la sua agenda mentale e va subito a interrogare il proprio computer. E poi ha tanti collaboratori del passato, con i quali parla ancora. Anche se non ha bisogno di grossi suggerimenti perché ha una grande conoscenza: si dovrebbe leggere il suo libro, mi piacerebbe averlo come professore di calcio».
Ha allenato e vinto all’estero, in Italia potrebbe avere difficoltà di adattamento?
«Con l’Inter ha vinto due coppe, ha già allenato in Italia ma è arrivato nel momento sbagliato del dopo Mourinho. Non ci ho pensato su due volte, ci ho messo tre secondi. Più veloce di così era impossibile. Con Mazzarri, per una questione di educazione, sono stato al gioco aspettando la sua risposta fino all’ultimo ma sapevo che voleva andare via. Avevamo già sondato tanti tecnici: Allegri, Montella, Vilas Boas, Pellegrini. Telefonai personalmente anche a Klopp del Borussia Dortmund. Ma ho scelto Benitez».
Chi le ha chiesto il tecnico spagnolo al posto di Cavani?
«A Benitez piaceva moltissimo Dzeko. Il Manchester City voleva prendersi Cavani ma oltre una certa cifra non è arrivato. Alcuni calciatori fanno gola a tutti come Lewandovski, che ho contattato varie volte, ma era stato già venduto al Bayern Monaco. A Benitez piace soprattutto Damiao perché ha 24 anni e la fame giusta per trovare una consacrazione. Seppure con una tipologia diversa, potrebbe ripetere il successo di Cavani. Dopo aver segnato tanti gol in Brasile, la vetrina ideale per lui sarebbe l’Europa. Contattai anche Suarez e ho fatto un tentativo per Gomez sentendo al telefono Rummenigge che mi disse di non avere ancora l’accordo con la Fiorentina. Poi è rientrato tutto perché non volevo fare uno sgarbo ai Della Valle e perché le idee di Benitez erano altre. Però sono contento che non abbiamo ancora concluso con l’attaccante. Benitez con i giocatori già a disposizione potrà scegliere al meglio chi si adatta di più al suo modulo: mi ha già detto che se non dovessimo avere una punta da 30-40 gol andrà bene lo stesso perché possono segnare molto anche Callejon, Mertens e Insigne. Si sta cercando di mettere in piedi una squadra forte, l’anno scorso eravamo sempre gli stessi undici al massimo 14 e gli altri venivano lasciati per strada. Invece lui ne vuole 25 e cura anche i giovani: ha voluto Tutino in ritiro, anche se ha soltanto 16 anni. Preferisce far maturare con sé i giovani invece di farli giocare in altri posti. E quest’anno ci sarà più qualità nella rosa».
Con Cavani vi siete salutati, un divorzio burrascoso?
«Ci siamo salutati dopo l’ultima partita di campionato e ci siamo stretti la mano, poi ci siamo sentiti costantemente con i suoi agenti. Lui aveva già chiesto l’anno scorso di andare via. Andai a trovarlo in Inghilterra, ci sedemmo cinque secondi a Castelvolturno trovando l’accordo per il rinnovo fino al 2017. Stessa cosa per Lavezzi che voleva andare via già l’anno precedente e poi rimase un anno in più. In questi casi metti la clausola rescissoria perché speri che nessuno te la paghi. Infatti per Cavani il Real Madrid si è rifiutato subito, il City pure e il Chelsea non si è mai fatto avanti».
Un addio spinto da motivi economici o professionali?
«L’uno e l’altro. I calciatori sono professionisti. Parliamo di ragazzi di 25 anni, hanno anche una pressione di carattere familiare: lui è nato in Uruguay, un paese bellissimo ma diverso dall’Italia o dalla Francia. Dopo essere stato a Napoli con ottimi risultati, sarà stato attratto da una città come Parigi. Lo capisco, io me ne sarei andato tante volte dall’Italia: giuro su mio padre che ci resto solo per il Napoli e non per il cinema, il parco tematico o altri mille interessi. Se non fosse per il Napoli vivrei tra Londra, Los Angeles e Rio de Janeiro».
Ha detto che le donne condizionano le scelte, avrà pesato la separazione da Soledad e la passione per Rosaria?
«No, non credo proprio. Nelle scelte dei giocatori una componente è quella dei procuratori, ma a condizionare possono essere anche i familiari».
A cosa punta il nuovo Napoli di De Laurentiis?
«Questo è l’inizio di un nuovo ciclo. Abbiamo chiuso con un anticipo di un anno il mio obiettivo che prevedeva in un decennio dall’acquisto del Napoli di collocarmi stabilmente tra le prime squadre italiane e tra quelle che partecipano alle coppe europee. Adesso comincia un altro ciclo di crescita in cui vogliamo dire la nostra ovunque. E poi la palla è rotonda e si gioca in undici, siamo venti squadre a competere e vediamo dove riusciremo ad arrivare. Certo, se uno dice proviamo ad arrivare nelle prime cinque e non pronuncia mai la parola scudetto per non farsi mai rimproverare nulla, si tratta di un modo infantile che io in passato ho assecondato. Invece adesso dico che noi lotteremo per vincere tutto quello che possiamo vincere. E se lo scudetto non viene subito, può venire l’anno prossimo, oppure tra due anni. C’è chi non dice di voler arrivare primo perché arrivando secondi pensa che possa essere una sconfitta: io sono fiero del nostro secondo posto».
E in Champions?
«Anche per la Champions voglio arrivare il più lontano possibile. E tornando al campionato, per noi non centrare i primi due posti significherebbe un danno di 60-70 milioni sia per gli sponsor, sia perché diminuiscono gli abbonati. Perdi la possibilità di raffozarti mantenendoti nei parametri del fair play finanziario».
Ferlaino festeggiò lo scudetto in nave, lei cosa farebbe?
«Metterei a disposizione una bottiglia di champagne alta venti metri per condividerla allo stadio con tutti quelli che ci hanno accompagnato. Poi farei una settimana intera di festa con tutti i napoletani».
I nuovi: Mertens, Callejon e Rafael?
«Mi hanno fatto un’ottima impressione, sono persone con la faccia pulita e in campo li ho visti molto reattivi. L’impressione è buona ma è presto per giudicare».
Hamsik sempre più la bandiera?
«Lo stimo moltissimo e sono molto legato a lui affettivamente, mi aspetto da Marek grandi cose».
Che farà l’Inter di Mazzarri?
«Come dice lui, arriverà tra le primi cinque».
La Juve è la vera favorita?
«La Juve è favorita ogni anno».
Se il sindaco le offre una concessione lunga, lei è disposto a investire sul San Paolo?
«Valuteremo se deve essere una concessione lunga 99 anni, oppure una vendita: io credo che debba essere una vendita perché la patrimonializzazione di un club passa anche attraverso le potenzialità dello stadio. Vorrei dire all’amico Luigi che la legge sugli stadi, che dovrà essere approvata, dà la possibilità al Comune di cedere l’impianto al club. C’è una cosa che non capisco: o lui è sordo oppure è distratto, oppure gli devo parlare in dialetto napoletano perché non so più come dirglielo. Non accetto nessun socio nella vicenda dello stadio e lo finanzierò in prima persona. Quando continua a chiedermi chi ci metterà i soldi, se è distratto lo perdono, altrimenti no. Sembra mettere in dubbio il fatto che io che spendo tanti soldi nelle mie attività, non possa permettermi di finanziare lo stadio».
Perché minaccia di andare a Caserta, pensa che sia un’ipotesi accettabile per i napoletani?
«Lo dico perché sono andato a Castelvolturno rifiutando Soccavo. Mi sono trovato benissimo e siamo in provincia di Caserta. E non credo che sia così lontano perché i sessanta ettari che ho identificato sono raggiungibili in venti minuti da Napoli e dai centri vicini alla città dove ci sono i tifosi azzurri».
Lei si sente un po’ il primo cittadino di Napoli?
«No, assolutamente no».
Entrerebbe in politica?
«No, assolutamente no».
De Magistris è un buon sindaco?
«È molto difficile in Italia essere dei buoni sindaci perché bisognerebbe cambiare la legge e mettere dei grandi manager capaci di prendersi la responsabilità di innovare e modernizzare una città creando servizi di ottima qualità per i cittadini che lo hanno eletto».
Tra il sindaco e Caldoro chi voterebbe?
«Sono due uomini completamente diversi. Mi stanno simpatici tutti e due, sarebbe difficile scegliere».
Fonte: Il Mattino

La Redazione
L.D.M.

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