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Cavani: “Amo Napoli e i tifosi, ma il futuro non dipende da me”

Il bomber azzurro: "Per me il non segnare non era un angoscia"

I love Naples. O anche Napoli te quiero. Si scrive Cavani e si legge in tutte le lingue del mondo: «Che io amo Napoli e il Napoli e i tifosi amano me». E in quell’orizzonte ovviamente denso di nuvoloni, con il papiro d’un contratto con clausola rescissoria da settanta milioni (lordi) di euro che fa da velo, il cuore che batte dà un senso alle eventuali scelte: «Molto dipende dal club e dalle valutazioni del presidente: ma io amo Napoli». Il re nudo, dinnanzi a verità incontestabili: e in questo calcio del Terzo Millennio, in cui – soprattutto adesso – il valore assoluto per costruire e ricostruire è affidato al Dio danaro, la differenza è nella mozione d’affetti, nelle emozioni vissute (e da vivere), nella sincerità che va trascinata con sé in campo perché siano trasparenti (e dunque credibili) le sensazioni, fondate principalmente sull’empatia. «Il calcio è un business, ma io amo Napoli».

TUTTO VERO – Tre anni e novantacinque reti tutte d’un fiato, un’onda anomala travolgente, un matador (matad’or) quasi senza eguali, lanciatissimo (persino) nella scia di Diego Armando Maradona, Sua Santità, il Mito da inseguire per la Storia «per lasciare un segno in questa città» e però da ammirare e da (simbolicamente) abbracciare: «E innanzitutto da ringraziare per gli elogi che mi ha fatto. Posso essere soltanto orgoglioso delle belle parole utilizzate da Maradona nei miei confronti, arrivano dal miglior calciatore di tutti i tempi e mi riempiono di felicità. A Napoli si parla solo di lui e se ne parla ovviamente con entusiasmo: mi sarebbe proprio piaciuto giocare con Diego».
NAPOLI E’ VIVO – Del doman non v’è certezza, non ce ne può essere: perché in questo calcio bulimico, gli scenari possono mutare da un’ora all’altra; e però, Napoli secondo, Milan terzo, e Champions League concreta, un desiderio realizzabile attraverso il completamento di una (altra) stagione magica, attraversata da umanissimi tormenti e però superata di slancio, con la doppietta all’Atalanta e la condivisione della malinconia che l’ha preceduta: «Io credo che qualche partita senza segnare non possa cambiare la reputazione conquistata da un calciatore. E in quelle settimane in cui avevo difficoltà a trovare il gol, sono rimasto sempre tranquillo, perché sapevo e sentivo che prima o poi ce l’avrei fatto a tornare me stesso: il Napoli è andato avanti, in quelle gare, grazie ai miei compagni. La conferma di ciò che siamo… Ma da parte mia non ho mai avuto dubbi che avremmo superato quei piccoli problemi, appartengono ai cicli di un torneo».
CIELO AZZURRO – Il tormento(ne) e l’estasi: ora e per sempre; per quell’estate che, inevitabilmente, sarà consumata inseguendo l’uomo dei sogni di mezza Europa, quel fenomeno paranormale che è arrivato a centotré reti in Italia e che a Napoli ha vissuto le sue mille (giornate) e una notte riuscendo ad atterrare già a novantacinque. E ci sono i richiami dell’anima che emergono dall’io più profondo e rappresentano la prefazione d’un romanzone ancora tutto da scrivere: «Il calcio è un business: io amo Napoli e i tifosi del Napoli amano me; ma non si sa mai dove si giocherà, un giorno. In casi del genere, molto dipende dal club, dalle valutazioni del presidente». Napoli te quiero…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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