L’Italia è un paese di poeti, navigatori, santi e agenti Fifa. La nostra nazione vanta infatti il maggior numero di Agenti di calciatori dell’intero sistema Calcio. Le liste della Fifa ci dicono che nel mondo su 6.643 agenti, 937 hanno ottenuto l’abilitazione in Italia. Segue la Spagna (559) l’Inghilterra (491) la Germania (424) e le sudamericane Brasile (291) e Argentina (220)
L’accesso alla professione non è complesso, le Federazioni organizzano l’esame di abilitazione 2 volte all’anno, a marzo e a settembre (ma nel nostro paese, dove più massiccia è la partecipazione alla prova, può accadere che si faccia una sola sessione). I “requisiti” economici sono: 100euro di diritti di segreteria, 310 euro per l’iscrizione all’albo una volta ottenuta l’idoneità e un altro versamento di 250 euro come quota annuale.
I “ricavi” della professione variano dal numero di assistiti (che è illimitato) normalmente si aggirano sul 5 per cento del salario lordo riconosciuto all’atleta. In Sud America, invece, spesso schizzano verso l’alto raggiungendo addirittura il 10 per cento. Ovviamente, come in tutte le attività, bisogna considerare anche i costi.
Questa settimana il “Calcio Cifrato” diventa “parlato”, ai nostri taccuini Vincenzo Marcello: un giovane Fifa Player’s Agent napoletano. Insieme a lui abbiamo discusso di questo atipico quanto concorrenziale pluralismo della figura, del pregiudizio di chi storce il naso alla presenza dell’agente e soprattutto ci siamo chiesti se in questo sport c’è ancora spazio per la passione, quella senza cifre.
L’Italia detiene il record di agenti Fifa (937). Un panorama affollato negli ultimi anni dall’ingresso di ex calciatori ma soprattutto parenti. In questo pluralismo quanto è difficile esercitare la professione, farsi conoscere?
«Direi sicuramente tanto. La chiave del successo però è sempre investire su se stessi, conoscere quante più persone possibili dell’ambiente, farsi conoscere in giro, partire dai campi di periferia, dai settori giovanili e dalle scuola calcio. Ovviamente la concorrenza è sempre tanta, d’altronde quando si intravede una piccola promessa, sono sempre in tanti pronti a cercare di assisterla e se non si conoscono le porte giuste da aprire è quasi impossibile pensare di prenderne la procura. Di situazioni di conflitto legate alla concorrenza ce ne sono tante altre, ma con i giusti movimenti e la dovuta fortuna, nulla è vietato».
Molti accusano la vostra categoria di fare il bello e il cattivo tempo nel mondo del calcio, lei che opinione hai al riguardo?
«Come al solito si tende a fare di tutt’erba un fascio, gettando tutti nel calderone e considerando tutti gli agenti delle mele marce da espellere dal mondo del calcio. C’è però da dire che l’agente è una figura che cura ogni tipo di interesse legato al calciatore, e lo tutela affinché i suoi interessi prevalgano e vengano rispettati, cosa che magari non tutti i calciatori sono in grado di gestire, soprattutto in un mondo del calcio cambiato ed evoluto rispetto a quello che era un tempo. E’ pur vero che gli agenti guadagnano sui trasferimenti e quindi in qualche modo cercano di favorirne i più possibili, ma la stipula di un contratto (spesso in più lingue), e gli interessi legati al suo contenuto impongono quasi al calciatore l’ausilio di una persona che ne curi gli interessi per preservarlo da ogni tipo di raggiro».
Soldi, fama e celebrità sono davvero il desiderio del giovane calciatore di oggi? C’è ancora spazio per la passione e l’amore per questo sport?
«Sono in aumento costante quelli che vedono il calcio come uno strumento per arricchirsi e diventare famosi, ma credo che siano comunque ancora una sparuta minoranza, d’altronde senza l’amore e la passione per questo sport difficilmente si riesce ad arrivare a traguardi importanti e alla tanto decantata fama. Quindi mi sento di affermare senza alcun tipo di dubbio che anche i calciatori più affermati amano questo sport e si allenano duramente per essere sempre più forti, e non solo per essere sempre più ricchi e famosi; nelle categorie inferiori invece, quelle lontane dai grandi mezzi di comunicazione per intenderci, questa passione e questo amore si notano maggiormente: laddove le remunerazioni economiche importanti mancano viene fuori chi davvero gioca per amore del calcio».
Tommaso Lupoli
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