Mi hanno colpito le dichiarazioni di Walter Mazzarri alla Domenica Sportiva. Davanti a mia precisa domanda su come aveva istruito i suoi giocatori per adattarsi all’assenza di Cavani, il tecnico azzurro, ha risposto in maniera limpida: «Li ho messi in campo come la Juventus di Conte» alias col 3-5-1-1. Mi è sembrata una dichiarazione forte. Finora avevo sempre sentito Mazzarri rivendicare la paternità di quel sistema di gioco, a partire dalla difesa a 3, poi «copiata» da un sacco di colleghi. Negli ultimi due anni praticamente tutti i top team italiani hanno fatto un passaggio dal 3-5-2, dalla Juve che lo ha adottato definitivamente a metà della scorsa stagione, passando per l’Inter di Stramaccioni, la Fiorentina di Montella, la Roma di Andreazzoli e, in alcuni casi, il Milan di Allegri. Con la battuta sulla Juventus Mazzarri ha dimostrato di aver superato la frustrazione di essere stato «copiato» da altri tecnici che avrebbero fatto la loro fortuna sulle sue idee.
A Torino il Napoli ha effettivamente cambiato molto, a partire dal centrocampo con Behrami nel ruolo di metodista e Hamsik e Dzemaili interni. L’imprevedibilità è nata dai differenti tempi di inserimento di quest’ultimi. Hamsik aggrediva per primo lo spazio tra le linee costringendo Basha e Gazzi ad abbassarsi molto fino a schiacciarsi sulla linea difensiva. Solo in un secondo tempo arrivava Dzemaili, come si dice in gergo «a rimorchio», trovando campo libero per andare a battere a rete in solitudine. I tre gol fotocopia dello svizzero sono quindi frutto di precise scelte strategiche non decodificate da Ventura e dai giocatori del Torino. In avanti Insigne e Pandev hanno svolto bene il compitino tattico con Pandev sempre sulla trequarti ad alimentare il possesso palla ma raramente i due si sono visti negli ultimi 20 metri come invece ha saputo fare Cavani in pochi minuti.
È stata buona per me anche l’organizzazione difensiva. I gol subiti sono stati frutto di errori individuali, non di impostazione tattica. Insigne e Pandev, nel temuto inizio azione del Torino, si sono messi in verticale stando il primo, tra i due centrali difensivi e invitandoli al passaggio laterale e, il secondo, sul centrocampista che si proponeva come vertice alto. In questo meccanismo tattico Maggio si prendeva cura di Santana e Zuniga di Cerci sull’out opposto. Nel caso di passaggio lungo linea era Behrami ad andare a raddoppiare sull’interno evitando di subire i temuti «1 contro 1» sugli esterni e garantendosi il «3 contro 2» centralmente. Sul piano del gioco il Torino ha messo in difficoltà in Napoli solo due volte. Al 3’ del primo tempo quando Gazzi intuisce un retropassaggio di Insigne e scatena un contropiede che taglia fuori Zuniga obbligando pachiderma Britos ad uscire su saetta Cerci. Dopo uno sprint lungo in fascia, l’azzurro sterza e crossa radente di mancino. È bravo Gamberini a contrare il taglio di Barreto.
La seconda, e dal mio punto di vista ultima, azione fulminante del Torino al 15’ col Napoli già in vantaggio. Giro palla basso fino al lungo linea di D’Ambrosio su Cerci. Il pressing partenopeo è anticipato dalla giocata di prima dell’ex viola per il movimento incontro di Barreto tra le linee. I tempi sono perfetti. Il pallonetto ancora di prima intenzione libera Vives alle spalle dello stralunato Britos. Il cross dal fondo questa volta è sul secondo palo dove aveva nel frattempo stretto Santana. Il colpo di testa del brasiliano, certamente non la sua specialità, seppur da posizione invitante, finisce alto. Per il resto tanto Napoli. Decisivo l’ingresso nel finale di Cavani che ha tolto la squadra dai guai negli ultimi 10’ con due prodezza personali. La prima, più inusuale, su calcio di punizione sopra la barriera, la seconda con un numero classico del suo repertorio: la conclusione acrobatica dopo smarcamento sul primo palo.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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