“Allo stadio c’erano anche gli spettatori, l’ultima partita hanno aperto quasi a tutti, c’erano sui 20.000 spettatori. Qua la vita è normale, non si sente l’aria del Covid”, così Francesco Cotugno (preparatore dei portieri del Guangzhou Evergrande) a Radio CRC durante la trasmissione ‘Più di così’ in onda dal lunedì al venerdì dalle 14:30 alle 16:00 e condotta da Taisia Raio ed Antonio Esposito.
“Se tu pensi a come abbiamo affrontato il campionato è incredibile, chiusi in una bolla. Otto squadre in una città ed altre otto in un’altra. Si usciva solo per l’allenamento e le partite, siamo stati due mesi e mezzo chiusi in un albergo dove i dipendenti dormivano in un dormitorio – spiega Cotugno – Ogni squadra aveva il suo campo di allenamento, c’era una zona dove ci si poteva muovere e nessuno poteva entrare né uscire. Né i calciatori, né lo staff. Persino i giornalisti non entravano e non uscivano”.
Oltre al calcio però, è ripresa normalmente anche la vita di tutti i giorni: “La situazione all’esterno è normale, oggi sono stato in palestra a fare la mia ora di pilates, poi sono andato in giro, ho fatto tranquillamente le mie cose. Anche perché si sono chiusi ermeticamente, in Cina non si può entrare”, sottolinea Cotugno.
“Spero di rientrare in Italia perché è un anno che non ci torno e non vedo la mia famiglia. La differenza con l’Italia è che qui non chiedono, hanno deciso di fare così e quindi non si discute, anche perché loro sono tanti e pensano che se si perde tempo in chiacchiere non ne si viene a capo. Quindi hanno deciso di chiudere così il campionato e l’hanno gestita benissimo – prosegue – Non so se si potrebbe fare una cosa del genere anche in Italia, ti posso però assicurare che non è semplice. Qua ne sono usciti, non sono un virologo ma inutile ripetere sempre le stesse cantilene. Qui quando fanno una cosa la fanno al 100%”
In conclusione, Cotugno afferma: “Paragonarlo a quello che è successo qua non si può perché sono due popoli diversi. Qui sono molto militari, quello che gli si dice di fare lo fanno. Sanno che se si deve fare c’è un motivo. Ormai sono cinque anni che sono qua, tre anni che sono a Guangzhou e sto benissimo, l’unico problema è che non ora, per via della pandemia, non posso tornare a casa”.
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