Con è una barzelletta né una favola di Esopo, sia chiaro. Nel gioco del basket ci sono tre animali: una fenice, un’aquila e un toro che nel giro di poche ore si sono incrociati a distanza di migliaia di chilometri dando vita ad una serie di colpi di scena che hanno fatto discutere i tanti appassionati di basket. Si perché la Fenice è il nuovo logo del Napoli Basket di Maurizio Balbi e Dario Boldoni che subentra all’Aquila, simbolo da sempre della gloriosa Fortitudo Bologna. A osservarle oltreoceano c’è un Toro, un “Bull” quello di Chicago cavalcato da Marco Belinelli, il cestista italiano ex Fortitudo più cool del momento che osserva dagli States quando sta succedendo.
La verità è che il passaggio del titolo di Legadue Gold dai bolognesi ai napoletani è cosa ormai fatta per una cifra che si aggirerebbe intorno ai 300mila euro. E così quando pensi a Napoli che tornerà a riprendersi l’A2 e alla Fortitudo che oggi non c’è più non possono non balzare agli occhi i flashback di quella interminabile serie di semifinale di sette anni fa (2005-2006), quando Napoli targata Carpisa e guidata da Piero Bucchi sfiorò la finale scudetto. E al tempo il Palabarbuto colmo di entusiasmo sembrava proprio lo United Center di Chicago dove Marco Belinelli nella notte tra venerdì e sabato davanti a un autentico mito della storia della franchigia come Scottie Pippen ha realizzato in gara 3 della semifinale di conference ad Est ben 16 punti in faccia a LeBron James e a Dwyane Wade, smazzando 6 assist e catturando 3 rimbalzi. Insomma una semifinale vale un’altra che si giochi in Italia piuttosto che negli Stati Uniti. Se sai giocare da noi, sai giocare anche da loro.
I suoi Bulls, che fu la franchigia dove giocò un certo Michael Jordan, sono sotto 1-2 nella serie contro Miami e ieri notte hanno giocato gara 4, ancora a Chicago. Eppure quando il Beli pensa alle “bellissime” ovvero alle partite della vita quelle che negli Stati Uniti chiamano “Win or Go home” (Vinci o vai a casa) non fa fatica a ricordare quelle giocate contro un avversario ostico: «Penso alla Napoli dei canestri e quando ricordo le mie partite più belle ho fissa in mente gara 5, semifinale playoff contro la Carpisa. In quella serie c’era un tifo incredibile al Palabarbuto come a Bologna ma alla fine la spuntammo noi». In un PalaDozza infuocato Belinelli segnò ben 34 punti marcato dal napoletano Michel Morandais detto anche “Air France” per il suo straordinario atletismo: «Non dimenticherò mai quel clima, quelle sfide. È lo stesso che si respira a Chicago. Certo qui si gioca in Nba, forse c’è più responsabilità».
Belinelli, 27 anni, emiliano di San Giovanni in Persiceto, è il primo italiano a raggiungere una semifinale di conference trascinando Chicago nella sfida contro i Miami di “King” James. Per arrivarci hanno dovuto trionfare in un’altra serie sfibrante come quella contro i Brooklyn Nets giunta fino a gara 7 e poi vinta soprattutto grazie ai 24 punti dell’ esterno italiano dispiaciuto per le vicende giudiziarie che non hanno permesso alla sua Fortitudo di restare ai livelli che le spetterebbe. L’obiettivo di Marco ora è puntato sul prosieguo della serie contro Miami: «Ho un dito un po’ malconcio ma nulla di grave. In attacco vengo marcato soprattutto da LeBron e in difesa cerco di limitare Wade. Sono contento della mia aggressività. Gara 3 potevamo anche vincerla ma le prossime non ci devono sfuggire».
Carmelo Prestisimone per “Il Mattino”
La Redazione
P.S.
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