Innanzitutto mi permetto di ringraziare l’amico e collega Enrico De Pompeis per l’attestato di stima che mi rinnova assegnandomi questo spazio, esempio di quanto possibilmente, al di là delle sigle, debba essere il giornalismo di oggi e di domani: un’orchestra, in cui gli strumenti sono diversi e magari concorrenti, in cui le voci restano differenti e fiere della propria identità, ma in cui comunque la concorrenza non degeneri mai in rivalità stupide e in polemiche gratuite, sviando il senso di quei fatti pubblici che, sportivi nel nostro caso, costituiscono il centro di questa attività e delle nostre comunità giornalistiche.
Passiamo quindi all’argomento di questo mio breve intervento, che vuole riguardare il momento di svolta della stagione della BPMed Napoli, una BPMed che, sbancata ogni previsione pre-stagionale e ormai a un passo dalla matematica qualificazione ai play-off, si prepara a reagire alla dura sconfitta di Latina, imbattendosi così nel primo step del metaforico “tornello post-season” Ferentino-Matera: un doppio confronto che, oltre al già richiamato recupero di dopodomani contro gli amaranto di Gramenzi (e in terra ciociara), prevede un’altra sfida (quella con i sassesi) che sa comunque di rivalsa.
Napoli forse, come mai prima d’ora (e siamo certi che ci riuscirà), non dovrà trasmettere quello che è ormai l’argomento più dibattuto nella tifoseria: l’impressione di guardare già oltre, di sentirsi appagata, e di dover soltanto attendere la chiusura della regular season.
Su questa tema, ad essere onesti, ci sono un paio di dati di partenza che sembrano andare contro gli scettici. Innanzitutto il record di 21-5 con cui Napoli si presenta ad oggi, che testimonia semmai tutt’altro, e testimonia anzi che né i successi in serie e né i distacchi consistenti hanno compromesso il desiderio di spuntarla, sempre, comunque, e la recente vittoria di Recanati (poi vincente nelle ultime due giornate a Ferentino e con Capo d’Orlando) lo ha confermato.
C’è poi il trend delle avversarie più accreditate, alcune delle quali presto ritroveremo in Lombardia, e che anche nel loro caso ha conosciuto una piccola involuzione: nell’ultima giornata tre ottimi risultati per Napoli, con Casalpusterlengo e Santarcangelo che espugnano rispettivamente Trento e Trieste, lasciando la BPMed con sei punti di vantaggio sulle dirette inseguitrici, ma soprattutto con che Pavia batte Omegna, che quindi rimane a + 4 con una partita giocata in più. Se aggiungiamo poi la sconfitta di dieci giorni fa subita da Torino (sempre contro l’Assigeco, ma a Codogno), nessuno in alto può considerarsi in forma smagliante.
Ma allora perché, quasi masochisticamente, si rimesta e rimestiamo ancora le mani su questo argomento “motivazione”, insistendovi? Perché forse i migliori risultati si ottengono guardando innanzitutto a sè stessi (come si fa da sempre in casa azzurra), e perché forse, grattando la superficie delle undici di fila, e nonostante questa flessione sembra molto simile a quella che, nel girone d’andata, tra Siena e Ferentino, determinò poi per Napoli la macchiolina della sua partenza immacolata, c’è qualcosa da analizzare, e non tanto rispetto a scelte passate (in larga maggioranza azzeccate), ma guardando al futuro.
Infatti, nel rapporto con le sconfitte subite del girone di andata, sembra esserci una differenza di caratteristiche: e lì, chiudendo un po’ a cerchio rispetto alle nostre premesse, non c’è solo l’ “acido lattico” di natura atletica (che ci può stare, stanti anche le corte rotazioni), e si deve ammettere che qualche stimolo in meno c’è, e che questa sensazione di soddisfazione, ben tenuta a freno fino a tre giorni fa nonostante qualche avvisaglia (quarti dispari a Recanati e primo tempo con Chieti), si è manifestata oltre al calo fisiologico, diventando contro Latina predominante dal secondo quarto in avanti. Da questi, forse, gli unici ad apparire immuni sono sembrati proprio i tasselli fino ad oggi più in ombra del quintetto azzurro: Simone Lenardon e Andrea Iannilli, che, pur nei loro limiti e in condizioni tattiche non agevoli (soprattutto l’ex Veroli), sono stati gli unici a lottare davvero sul parquet del PalaBianchini.
La sconfitta in terra pontina, con tutte le attenuanti e i fattori che possono avervi influenzato, ci trasmette quindi indicazioni utili su come poter migliorare, e sin dai prossimi match, che per giunta ci offrono possibili contendenti nello scenario dei play-off. Matera e Ferentino infatti, al di là dei loro percorsi tormentati, sono sulla carta due grandi, e con le grandi Napoli ha saputo spuntarla solo grazie alla granitica difesa di scuola bartocciana, e spesso senza Musso. Infatti, nelle sfide più emozionanti di questa stagione, come quelle disputate contro Torino, Omegna e Capo d’Orlando, “El Gatito” è stato spesso marginalizzato dalle difese, creando per Napoli un vuoto di soluzioni abbastanza evidente negli ultimi impegni, con tante palle perse.
A questo vuoto (a cui peraltro si uniscono le frequenti amnesie difensive dei nostri piccoli), hanno compensato le fiammate da playground di “lupin” Sabbatino, i grandi miglioramenti nella difesa a zona, l’ormai consueto tiro da tre, la buona verve in uno contro uno di Gatti e Rizzitiello, la copertura a rimbalzo e l’uso di Iannilli da perno tattico a centro area. Questo non vuol dire poco, anzi, ma i target azzurri, proprio visti i risultati e ciò che gli altri sanno esprimere, possono e devono giustificare un salto di qualità, offrendo qualcosa di più.
Cosa fare dunque? Anzitutto capire che, sin da domani, bisogna mettere in conto uno scenario che non è certo, non è sicuro, e anzi speriamo non si realizzi mai, ma che comunque è plausibile, nella prospettiva di Legnano e soprattutto dei play-off: Musso è un mattatore e un’agonista, quindi è lecito pensare che i raddoppi, le chiusure, e i contatti (anche proibiti) degli avversari saranno tutti per lui. Per questo bisogna pensare a qualcosa di alternativo, a un piano B che, mettendo a sistema quelle tante qualità e quei talenti evidenti di cui la squadra dispone, armonizzi il tutto, dando più garanzie di gioco rispetto a quello attuale, magari anche grazie al contributo di un innesto, un due/tre che sappia dare più di un fiato a Musso e Rizzitiello.
Su questo la dirigenza è intervenuta con coraggio, ingaggiando Alessandro Porfido: ragazzo piuttosto giovane (appena 18 anni, compiuti a dicembre), e che, forte di un’ottima scuola cestistica, si è fatto valere prima a livello under 17 (in coppia con Dario Cefarelli), quindi quest’anno su due fronti: a Giugliano, in DNB, senza vittorie ma con buone cifre, maturate soprattutto nei confronti con le formazioni più quotate del girone C (Agrigento, Reggio Calabria, Potenza, Scauri), quindi nel campionato Under 21, dove si è distinto proprio il mese scorso con una prova da ben 84 punti. A lui spetterà un compito ambizioso: quello di dare valore aggiunto, impatto, minuti e freschezza senza alterare gli equilibri comunque efficaci che fino ad oggi si sono consolidati all’interno di questo gruppo, e in questo l’esperienza e l’appeal umano di coach Bartocci saranno essenziali.
Per concludere quindi un appello ai tifosi: non occultiamo le mancanze, non giustifichiamo tutto, bandendo ogni servilismo di facciata, ma non accendiamo neanche l’atmosfera, non crediamo sempre e solo a quello che vogliamo credere a seconda delle convenienze. Non facciamo insomma prevalere del tutto l’istinto rispetto alla riflessione, rendendo improvvisamente il bianco tutto nero e viceversa, in base al pensiero dominante.
La stagione è ancora lunga, e se è vero che nulla può essere dato per scontato (nessuno lo farà), è altrettanto vero che non si sarebbe qui se qualcosa non fosse stato già fatto: qualcosa di grande, e in prospettiva molto ambizioso, per cambiare una cultura cestistica che in questa città resta ancora di nicchia, e soprattutto poco sentita dal nostro ceto politico.
Davide Uccella per PallacanestroNapoli.it
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