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ESCLUSIVA – Mimmo Morena: “Una sola priorità: riportare il basket a Napoli”

La numero 7 sulle spalle dall’alto dei suoi 210 cm. Un gigante buono con la passione per la palla a spicchi e l’amore per Napoli. Indimenticabile l’asciugamano da lui sventolata per incitare il pubblico e incoraggiare i compagni con la sua grinta, la sua energia, la sua carica. Bandiera di una squadra che fece sognare i suoi tifosi, che muoveva migliaia di persone verso il palazzo dello sport di Viale Giochi del Mediterraneo, che teneva incollati alla radio tutti gli appassionati. Stiamo parlando di Mimmo Morena memorabile capitano della SS Basket Napoli griffata Pompea, Carpisa ed Eldo. La redazione di Iamnaples.it ha deciso di portarlo ai suoi microfoni per ricordare il passato, ma anche per capire quali sono i suoi progetti futuri e svelare i suoi pensieri su un eventuale ritorno del Basket a Napoli:

Ciao Mimmo, benvenuto su Iamnaples.it. Grazie per la tua disponibilità.
Salve a tutti e grazie a voi.

Innanzitutto, rivelaci  come nasce la passione per la pallacanestro.
Bisogna andare molto lontano [ride, ndr]. In effetti, se ci penso, tutto nasce da un episodio. Io sono nato in Germania, lì avevo un dentista di origini slave che, vista la mia altezza, mi consigliò di provare per una squadra di basket. In seguito tornai in Italia ed il Basket Napoli, grazie anche alla consulenza di mio padre, volle portarmi nella mia città d’origine. E’ lì che ho avuto la fortuna di incontrare persone eccezionali che mi hanno insegnato tutto quello che so sulla pallacanestro. Uno di questi è sicuramente Walter Cecere, mio coach Juniores, ma anche Tonino Zorzi e, successivamente, Mirko Novosel.

Hai mai avuto uno o più modelli ai quali ti sei ispirato?
Certo. Noi degli anni ’80 ammiravamo il fascino della NBA, quindi sembra ovvio che i vari Kareem Abdul Jabbar, Magic Johnson e Michael Jordan erano una sorta di divinità per la mia generazione. Inoltre, facendo parte di un’ottima squadra, i modelli cercavo di trovarli nei miei compagni più grandi: Marco Bonamico, Stefano Sbarra, tutti ottimi professionisti.

“Tutti in piedi per la Carpisa!” Cosa ti ricorda questo coro?
La vittoria in Coppa Italia e la magnifica annata di cui fummo protagonisti. Fu una gioia grandissima il nostro trionfo, una vittoria del gruppo per il capolavoro cestistico di tutto lo staff del Basket Napoli. Ricordo ancora il momento in cui alzai al cielo la Coppa: finalmente un trofeo con la maglia della mia città, finalmente mi trovavo al posto giusto ed al momento giusto, dopo tante avversità incontrate in passato.

I tifosi ricordano ancora quell’asciugamano che sventolava e le tue urla che caricavano tutti i sostenitori…
Io sono fatto così. Non giocavo molto in quella squadra, ma cercavo di dare il mio apporto in modo diverso, sprigionando tutta la mia carica di adrenalina per trasferirla ai miei compagni in campo ed al pubblico caloroso che non ci ha mai abbandonato.

Poi entravi e piazzavi la classica bomba da 3 punti…
[Ride, ndr] Quella è una mia caratteristica. Spesso mi capitava di essere sottovalutato dagli avversari e quindi sistematicamente mi lasciavano un po’ di spazio in più da fuori. Non appena mi veniva concesso mezzo metro, io ci provavo e, poiché ero concentratissimo sul match già molto tempo prima della palla a due, realizzavo il canestro che infiammava il pubblico. Dopodiché partiva la mia singolare esultanza che faceva impazzire i miei fans.

Cosa hai provato quando hai lasciato Napoli?
Tanto dolore ed un grosso rammarico. Non mi aspettavo che, una volta terminati i vincoli contrattuali, ci saremmo lasciati io e Napoli. Il giorno in cui Fadini e Mazzon (ex GM ed ex coach SS Basket Napoli, ndr) mi contattarono per offrirmi un posto in squadra, per me fu una scommessa, rinunciai a moltissime cose. Mi aspettavo un epilogo diverso, tutto qui. Poi, ho avuto la fortuna di essere stato chiamato da Ostuni, una società sana con la quale mi sto togliendo grosse soddisfazioni.

Se ti dico Mario Maione?
Posso risponderti dicendo che per me è stata una persona importante. Posso solo dirgli grazie per l’opportunità che mi ha dato di ritornare a Napoli, per la vittoria della Tim Cup, per aver fatto sognare i tifosi. Devo dire che quando c’era il presidente a capo della società, si aveva la sensazione che il basket a Napoli sarebbe rimasto in pianta stabile.

Quindi non ti aspettavi il fallimento avvenuto qualche anno fa?
Assolutamente no. Non me lo aspettavo. Anche perché, parlo del sottoscritto, i vincoli contrattuali sono stati onorati fino alla fine ed in modo preciso. In seguito, c’è stato Gaetano Papalia che ha cercato di rilanciare la pallacanestro che conta all’ombra del Vesuvio. Però, sono dell’opinione che, senza un progetto ben solido alle spalle, sia stato un errore affrettare i tempi ed illudere gli appassionati.

“Napoli ha fame di basket”, recita un cartello che, negli ultimi mesi, campeggia per le vie della città. Bisogna riconoscere che qualcosa si sta muovendo su ben tre fronti: Sant’Antimo potrebbe trasferirsi a Napoli per volere del presidente Cesaro, stesso discorso per il Pontano che cerca una Wild Card per la Lega di Sviluppo, ed infine la coinvolgente quanto affascinante Iniziativa Popolare di Salvatore Calise. Quale dei tre progetti reputi più efficace?

Per essere realisti credo che la pista Sant’Antimo sia quella più praticabile da tutti i punti di vista. La compagine del presidente Cesaro è una realtà solida che si è affermata nel tempo, vanta un curriculum notevole ed ha ottime chance di salire in Legadue. E’ questa la strada più semplice per raggiungere un obiettivo comune, ovvero il ritorno della palla a spicchi a Napoli. Nonostante questo, trovo molto intrigante il progetto di Salvatore Calise, mio amico e malato di pallacanestro. E’ bellissimo vedere su Facebook le adesioni di tanti appassionati. Si tratta di un’iniziativa lodevole che io appoggio completamente: magari nascesse qualcosa di importante da questo “disegno”, sarebbe un successone per tutti. Infine, per quanto riguarda il Pontano, attualmente in C Dilettanti, penso che sia un’altra pista da prendere in considerazione. Questa compagine si è affermata soprattutto a livello giovanile e, così come Sant’Antimo, rappresenta una realtà solida. Per tirare le somme, possiamo dire che qualunque progetto a lungo termine sarà ben accetto da tutti gli appassionati.

Nei giorni scorsi, si è dibattuto molto sul fatto che Sant’Antimo non ha gli stessi colori di Napoli. Cosa pensi sulla questione?
E’ vero, Sant’Antimo non porta i colori di Napoli, ma resta pur sempre un comune della città partenopea. Fermo restando che sarebbe affascinante scrivere la storia di una società nata e cresciuta a Napoli, ma credo che attualmente sia già una grossa vittoria riportare la pallacanestro a Napoli in ogni modo possibile.

Mimmo, ritorniamo alla sfera personale: oltre alla pallacanestro hai altre passioni?
A parte la mia famiglia, la mia passione principale, sono un amante dell’elettronica, dell’informatica e di tutto quelle che ha a che fare con i computer.

Per concludere, i tuoi progetti futuri e un tuo sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe avere una scuola di pallacanestro per aiutare in modo attivo tutti i ragazzi che si affacciano al professionismo, dare loro consigli e suggerimenti per migliorarli umanamente e tecnicamente. Mi piacerebbe regalare qualche piccolo talento al basket nostrano. Sogni? Mah, più che un sogno la definirei un’utopia: desidero fare un ultimo canestro nel Mario Argento, il bistrattato palazzetto dello sport di Fuorigrotta nel quale ho mosso i miei primi passi verso il professionismo.

Intervista a cura di Stefano D’Angelo

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