Parli di Napoli e Torino e non può che tornarti in mente Fabio Quagliarella e la sua particolare storia che, da possibile Re di Napoli, l’ha fatto diventare un esiliato da insultare ad ogni occasione. Colpa della scelta della Juve. Un napoletano può accettare anche un tuo addio (costretto per dovere di cronaca), ma non di certo un tuo passaggio al Nemico per eccellenza. Ma l’incrocio tra Napoli e Torino non è solo Quagliarella. Si, forse Fabio, per ciò che ha rappresentato e soprattutto per ciò che avrebbe potuto rappresentare, è senza alcun dubbio il catalizzatore maggiore di attenzione, ma ci sono altri incroci suggestivi, altre storie dietro questo Torino-Napoli.
Partiamo da Giuseppe Vives, 34 anni e non sentirli. Parte da Afragola, passa al Sant’Anastasia, poi ancora Ancona, Nardò, di nuovo Ancona e finalmente Giugliano. È la vecchia C2, Vives ha già 26 anni ed è un calciatore nel peno della maturità calcistica. La sliding doors della sua carriere è quell’estate. Dopo una brillante stagione a lui si interessano diverse squadre campane, Avellino, Cavese, Salernitana e, soprattutto, il Napoli. Questo per Vives già un successo visto che durante la sua permanenza all’Ancona era stato vicinissimo al ritiro dal calcio giocato per problemi fisici. Alla fine non fu Napoli, ma Lecce. E agli ordini di un maestro di calcio come Zeman, Vives diventa un giocatore completo, bravo sia in interdizione che in impostazione.
Il 2008 è l’anno del suo debutto in A, a 28 anni. A Lecce giocherà 158 partite segnando 9 gol, prima del trasferimento a Torino dove, dopo un inizio difficile, trova continuità con Ventura, diventando perno di quel centrocampo che riporterà il Torino in Europa dopo anni d’assenza. Peccato per lui che la gara contro il Napoli la guarderà da lontano, essendo squalificato.
Proprio Venura è il secondo protagonista di Torino-Napoli. E’ il 2004 è l’impietosa mano della Figc decide che la SSC Napoli deve fallire. Nasce, durante gli ultimi giorni di Agosto la Napoli Soccer, presidente De Laurentiis e dg Marino. Per il momento non c’è altro. C’è solo un pezzo di carta ed un titolo sportivo, oltre al “diritto” di ripartire dalla Serie C. Manca una squadra, manca un campo, mancano i palloni e manca soprattutto un allenatore.
Marino fa tutto in fretta e furia. Affitta un campetto a Paestum e compra palloni nel più vicino negozio di articoli sportivi. In 15 giorni si deve costruire una squadra. E l’allenatore prescelto è proprio Giampiero Ventura. Non è facile ripartire in quella situazione, e i risultati non arrivano. Il 18 gennaio 2005, dopo un 1-1 casalingo contro la Fermana Ventura è esonerato. Al suo posto Edy Reja. Il resto è storia. Ventura allenerà con risultati altalenanti Messina, Verona, Pisa e Bari, prima di accasarsi stabilmente al Torino, riportando prima i granata in A e poi in Europa.
C’è però un altro protagonista legato a Napoli. Il suo legame con la città partenopea è stato breve, ma non per questo poco profondo. Stiamo parlando di Amauri de Carvalho de Oliveira, o semplicemente Amauri. La storia del suo fugace, ma non per questo incolore, passaggio a Napoli è particolare. In Brasile lavora come cassiere, operaio e muratore, mentre cerca di fare provini e di sfondare nel mondo del calcio. Lo nota il Santa Caterina con il quale al Viareggio impressiona gli osservatori del Bellinzona. La sfortuna però si accanisce su di lui e, dopo solo 5 presenze in Svizzera, è costretto a lasciare il club. Prova prima in Belgio e poi in Italia a Torino. Qui vive da clandestino, senza neanche i soldi per un biglietto di ritorno in Brasile.
Per sua fortuna lo nota il Parma. Siamo alla fine degli anni ’90, il Parma vive quell’illusione di grandezza dovuta più alle manovre finanziarie di Tanzi che alle reali capacità del club, e il giovane Amauri ha davanti a se una concorrenza spietata (Amoroso, Di Vaio, Milosevic). Si decide allora di mandarlo a farsi le ossa a Napoli. Qui segna contro il Verona il primo gol in A della sua carriera. Non riesce però ad evitare la retrocessione e, mentre il Napoli si avvia al fallimento, lui inizia un pellegrinaggio in diverse squadre di A: Piacenza, Empoli, Messina, Chievo e finalmente Palermo. Qui la definitiva esplosione e l’occasione della Juve. dopo un buon inizio è coinvolto nel generale calo della squadra, diventando presto il capro espiatorio della tifoseria bianconera. Torna a Parma, in una squadra completamente diversa rispetto a quella di inizio millennio, dove riesce a diventare titolare e dove ricomincia anche a segnare. Poi è la volta della Fiorentina (suo il gol che, caso del destino, tolse lo Scudetto al Milan di Allegri e lo regalò alla Juve), di nuovo Parma ed infine Torino. Forse non sarà della partita ma siamo certi, vista anche la sua non-esultanza dopo un gol in un Napoli-Juve, che il Golfo gli è rimasto nel cuore .
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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