Il Napoli ha scelto la via del silenzio stampa dai fatti di Udine, precisamente dopo l’espulsione di Irrati ai danni di Higuain. Dopo la sfida contro l’Inter, la società ha continuato a intraprendere questo percorso, anche se attraverso alcune emittenti televisive rimbalzava la notizia che vedeva il presidente De Laurentiis voglioso d’intervenire nell’intervallo rabbioso per il gol di Icardi in fuorigioco. Il patron del Napoli fa parlare di sé soprattutto dopo il triplice fischio del Meazza: Mediaset Premium comunica, infatti, che il produttore cinematografico abbandona la tribuna d’onore prima della fine della gara in maniera piuttosto stizzita. Nervi alle stelle sicuramente per l’arbitraggio di Rocchi, reo di una conduzione non all’altezza, l’ennesima a svantaggio secondo la società partenopea. È vero che gli episodi possano condizionare tutta la partita, ma ciò che ci si domanda da tempo è anche altro: “E’ giusto focalizzarsi e accanirsi solo sui torti arbitrali? Il Napoli ce l’avrebbe fatta comunque a conquistare lo scudetto se non ci fossero stati gli errori dei giudici di gara, né durante i propri match né in quelli della diretta concorrente?”. Se da un lato De Laurentiis fa assolutamente bene a tutelare il suo club con quest’atteggiamento, dall’altro però si ostina a non imparare una lezione che il calcio ha tentato di insegnargli più volte: provare davvero a vincere qualcosa quando se ne ha la possibilità, investendo risorse significative.
In partenza il Napoli non era di certo tra le favorite per il tricolore: la squadra aveva terminato un ciclo e ne stava appena iniziando uno nuovo con il cambio dell’allenatore che, per giunta, veniva da una realtà ben più modesta; novità negli schemi, rivoluzioni tattiche e tanta diffidenza per Sarri e Giuntoli. Nessuno avrebbe puntato sugli azzurri come vincitori finali, bensì si pronosticava una lotta con Milan, Inter e Fiorentina per il quarto/quinto posto. Lo scudetto è stato un sogno diventato possibile nel corso del campionato, grazie ai risultati man mano conseguiti. Infatti, col merito e l’umiltà di tutto il gruppo, al giro di boa la squadra si laurea “campione di inverno”, rivelando il proprio valore. Ed è qui che la società avrebbe dovuto accompagnare i risultati della squadra, nel far di tutto proprio per blindare il primato in classifica e renderlo intaccabile fino alla fine.
Gennaio poteva essere la svolta, l’occasione di rinforzare una rosa quanto mai limitata attraverso la sessione invernale di calciomercato, ma si decide di “non guastare gli equilibri esistenti”. Vengono allora acquistati il difensore Vasco Regini e il centrocampista Alberto Grassi ma i due nuovi innesti non vedono mai il campo. Arriva febbraio, il mese d’acciaio secondo il calendario, dove non a caso si notano tutti i limiti del collettivo di Sarri. Non ci sono ricambi o valide alternative, ogni reparto commette degli errori, i calciatori perdono brillantezza e, come se non bastasse, non arriva nemmeno una vittoria nei big match con Juventus, Milan e Fiorentina, incassando anche l’eliminazione in Europa League contro il Villarreal.
Questa è la mancanza di cui dovrebbe far ammenda il presidente. È esattamente questa la circostanza nella quale il Napoli perde, ogni sua opportunità di trionfo finale. Ancora presto, certo, per tirare le somme, ma con i verdetti della trentatreesima giornata la Juve vola a +9 e ormai sembra tutto già scritto. E’ comprensibile che ci sia rammarico ma i tifosi possono vedere il bicchiere mezzo pieno: si è fatta una stagione al di là delle aspettative, più di quanto auspicato ad agosto scorso e, inoltre, si lotta ancora per un secondo posto che rappresenta un bellissimo traguardo perché vale il prestigio della Champions e un bottino di circa 50-60 milioni. Una domanda a De Laurentiis sarà, però, il “testamento” di questa stagione: “Presidente, quante altre chances del genere potranno ripresentarsi?”
Luigi Ippolito
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