Mentre da qualche tempo la stampa e i programmi in TV sembrano esprimere poco velatamente una certa insofferenza verso la presenza del Napoli nei piani alti della classifica, ieri sera è capitata una vicenda piuttosto sorprendente: un addetto ai lavori, un allenatore di calcio, con un’incredibile prontezza di riflessi al termine di Napoli-Inter è corso ai microfoni per denunciare un’infelice esternazione di nervosismo di un suo collega. Non si tratta soltanto dell’atto in sé di ingigantire un’aggressione verbale e una gaffe espressiva che, come un minimo di onestà suggerirebbe, possono capitare durante un confronto agonistico. E non si tratta solo della malizia di farlo nonostante l’umiltà dell’avversario di scusarsi immediatamente. Si tratta soprattutto di esasperare a dismisura un passo falso altrui, per utilizzarlo a proprio vantaggio, ovvero con il subdolo scopo di destabilizzare l’ambiente di una squadra rivale. Con la consapevolezza che tale esasperazione può, nel frattempo, distruggere l’opinione pubblica del proprio collega: infatti, dopo pochi minuti, già in tutta Europa si scriveva dell’allenatore del Napoli come di un omofobo razzista, mentre sulla principale rete nazionale italiana si continuavano ad elargire luoghi comuni, belle parole e moralismi a caso. “Siamo tutti con Mancini”, ripeteva uno degli opinionisti ospiti in studio, dipingendo l’accusatore come una vittima “distrutta da questa situazione”. Una vittima che poco prima dichiarava, a proposito di Sarri: “Costui non può restare nel mondo del calcio”.
Il mondo del calcio: un mondo che non sembra proprio lo spazio ideale per l’etica pura, o in cui cercare valori quali equità, tolleranza ed onestà. Se non altro, in Italia ancora non si è risolta un’atavica questione, quella della discriminazione territoriale negli stadi, che settimanalmente colpisce e offende Napoli come città e il Sud in generale. Un problema che molti giornalisti e opinionisti, o altri sedicenti moralisti e antirazzisti spesso hanno minimizzato, e che diversi addetti ai lavori, allenatori compresi, spesso hanno giustificato definendo certi cori come meri sfottò. Eppure, ieri sera, un semplice istante di collera, espresso con un epiteto infelice ma d’uso comune (il destinatario dell’epiteto, infatti, non è omosessuale, quindi non c’è alcuna reale discriminazione ma solo un uso improprio del termine come offesa), è stato trasformato nel peggior atto di razzismo, discriminazione e disumanità mai sentito prima in uno spazio pubblico. E in definitiva, il moralismo generico, quello spicciolo, gretto e privo di buon senso che spesso permea il discorso ufficiale dei media, si è prestato come terreno fertile per un vile colpo basso, producendo una grave, eccessiva demonizzazione della figura di Sarri.
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