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Napoli, Lazio ed il 4-3 entrato nella storia. Due società, due esempi diversi di risalita dopo il baratro calcistico‏

Ci sono partite che restano nella mente dei tifosi per tanto, tantissimo tempo. Provate a chiedere ad un napoletano quali sono le cinque vittorie più belle ed emozionanti a cui abbia assistito. Il decalogo del buon partenopeo impone che almeno 3/5 siano vittorie sulla Juve, per i più giovani d’obbligo il 2-3 a Torino e la Coppa Italia. Qualche tifoso più anziano potrà certamente scavare nell’epoca maradoniana, o negli anni ‘70. Insomma, e questo è il bello del calcio, ci sono tante tantissime partite che ogni tifoso potrà ricordare come le più belle. Tra le tante, meritevole di menzione è un Napoli-Lazio 4-3 della stagione 2010/2011. Era il Napoli di Lavezzi e Cavani, quella squadre che, ribaltando tutti i pronostici, si trovò per larghi tratti del campionato a contendere lo Scudetto al quotatissimo Milan di Ibra e T.Silva.

Era mezzogiorno (di fuoco, come verrà ribattezzato poi) e Napoli e Lazio diedero vita ad uno degli incontri più incerti e belli di quella stagione. I biancocelesti avanti 2-0 si fecero rimontare fino al 2-2. Poi uno sfortunato autogol di Aronica riportò avanti la Lazio. Prima del Matador-show. Due gol e 4-3 finale. Una partita al cardiopalma, diventata emblema di una stagione in cui il Napoli spesso e volentieri si cimentava in rocambolesche rimonte e palpitanti finali. Sembrano secoli fa, considerando anche che di quel Napoli sono rimasti solo Hamsik, Maggio e Zuniga, mentre tutto il resto è cambiato, a partire dall’allenatore. Allenatore che invece, in casa Lazio, è rimasto lo stesso, seppur non in modo continuato. Allora era Edy Reja, adesso è ancora Edy Reja.

Da un lato quindi un Napoli che vuole rinnovarsi, ripudiando un passato neanche troppo lontano. E dall’altro una Lazio che invece fatica a guardare avanti. Modi e tempi diversi, situazioni diverse, ma non troppo. Napoli e Lazio, una volta erano grandi. Adesso, dopo un periodo buio, lo sono di nuovo. Ma anche questa grandezza ritrovata passa da tempi e modi diversi. Il Napoli ha vissuto l’onta del fallimento, l’inferno della C, e il purgatorio della B. Ha cominciato dai campetti di Paestum, da Sosa e Pierpaolo Marino che andavano in negozio a comprare palloni per gli allenamenti. Il Napoli ha dovuto scalare la piramide del calcio professionistico, guidata proprio da Edy Reja. E partendo da zero, grazie anche agli investimenti di De Laurentiis, gli azzurri sono riusciti, in meno di un decennio a vincere prima la Coppa Italia e poi a stupire per ben due volte in Europa, prima con Mazzarri poi con Benitez. Ed è proprio l’approdo del tecnico spagnolo il sintomo più importante di un definitivo salto di qualità del Napoli. Da eterna buona squadra a potenziale big, con ambizioni sempre più europee (vedasi anche gli acquisti di giocatori di livello internazionale come Higuain o Albiol).

Eppure, nonostante ciò, si assiste alla critica verso la società. “Vogliamo vincere!” giustamente gridano i tifosi. Un imborghesimento che nasconde la inconscia presa di coscienza anche da parte dei tifosi delle potenzialità del progetto Napoli. Finiti i tempi di Calderon e Pasino, per il tifoso azzurro la speranza di un futuro di successi non è qualcosa di remoto. Ma è un qualcosa che non tutti sono disposti ad attendere pazientemente.

Ed è paradossale che in questa critica alla società il Napoli possa essere accomunato alla Lazio. Anche qui, in proporzione certamente maggiore, i tifosi chiedono al presidente Lotito massicci investimenti, e le proteste sono sfociate in vero e proprio sciopero del tifo, con tanto di slogan “Libera la Lazio!” sbattuto in faccia alla proprietà. Come detto la situazione tra Napoli e Lazio non può essere paragonata per diversi motivi. Anche perché il background storico è diverso. Il Napoli viene da un fallimento, la Lazio da un salvataggio (con qualche “intercessione” politica). I presupposti erano e sono diversi. Il Napoli viene da una crescita vertiginosa. La Lazio, dopo un periodo di risalita, culminato in diverse qualificazioni europee (nel 2011 e nel 2012 la Champions sfumò per pochi punti, sempre a favore dell’Udinese) e da due Coppe Italia, sembra vivere una fase di assestamento, che, a detta dei tifosi, potrebbe portarla nella dimensione dell’eterna incompiuta. Ciò soprattutto dopo una stagione, quella attuale, nata sotto una cattiva luce. Il mercato deficitario e le incomprensioni tecniche hanno portato all’avvicendamento in panchina, al richiamo di Reja (che pure potrebbe centrare la qualificazioni in Europa League) e al ridimensionamento di alcuni obiettivi.

Insomma, Napoli e Lazio unite, seppur in modo diverso, nell’insofferenza dei tifosi. La pazienza, si sa, non appartiene agli appassionati di calcio. E parlare di budget, progetti, fideiussioni o quant’altro ad un semplice tifoso è ingiusto e pretenzioso. Ciò che si può comunque mettere davanti agli occhi sono i risultati. Tre Coppa Italia in due, più svariate qualificazioni in Europa. Certo, per chi ha ancora negli occhi il Napoli di Maradona, Careca e Giordano o la Lazio di Crespo, Veron e Nedved sono poca cosa. Ma da qualche parte si doveva pur cominciare.

Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio

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