Cerca
Close this search box.

Napoli e Verona, quegli Scudetti nel calcio ”democratico” anni ’80. Un lontano ricordo in un campionato monopolizzato dalle solite tre‏

C’era una volta un calcio diverso. Un calcio in cui i pantaloncini erano più corti ed i capelli più lunghi. C’era una volta un calcio fatto di stadi tutti esauriti, di maglia di lanella e di un solo sponsor su di esse. C’era una volta un calcio non globalizzato, a cui le parole “oriundo” e “naturalizzazione” non gli appartenevano, un calcio in cui non era raro vedere un calciatore partire dalla Primavera e ritirarsi sempre con la stessa maglia addosso. C’era un calcio con meno procuratori, meno trasferimenti e meno televisioni. C’era un calcio in cui tutte potevano sognare. C’era una volta il calcio degli anni ’80.

Un amarcord dovuto, da parte di chi negli anni ’80 ancora non era nato, per introdurre la gara tra Napoli e Verona. Già, la rivalità, il “Giulietta è ‘na zoccola”, e tutto il resto. Ma anche tre Scudetti conquistati in quel decennio. Tre Scudetti che avevano il sapore del miracolo. Quello del Verona nella stagione 84/85 e quello del Napoli nel 86/87 furono entrambi i primi successi per le due formazioni, ma quel calcio era in un certo senso abituato alle “novità”. Qualche anno prima la Roma, dopo il contestatissimo scudetto del ’42, vinse il suo secondo titolo. Qualche anno prima ancora anche Cagliari e Lazio avevano provato l’ebrezza di trovarsi in cima alla Serie A per la prima volta.

Ora toccava a Verona e Napoli. Un calcio più aperto, non in campo, dove vigeva ancora il dogma del catenaccio, ma aperto nel senso di possibilità. Possibilità di vincere, di scalzare il dominio del terzetto del Nord, Inter, Milan e Juve, che già allora dominava i palmares del calcio italiano.

Ora un calcio diverso, in cui non contava tanto l’aspetto economico. Comprare campioni a buon prezzo era relativamente più facile. E le minori ingerenze dei procuratori, unite a contratti più stabili, facevano in modo che anche un club di media fascia (come il Cagliari o il Verona) potesse vincere lo Scudetto.

Il Verona ci riuscì grazie ad un organizzazione di gioco strepitosa, il Napoli grazie ad un certo Maradona (e ad una rosa, composta in larga parte da campani, che sentiva molto la maglia). Un illusione di calcio “democratico” che non poteva durare a lungo.  Il Milan cadeva per ben due volte in B, la Juve viveva gli anni difficili del dopo Platini e l’Inter sembrava la brutta copia di quella degli anni ’60. L’asse di potere si spostava, migrava prima nella provincia veneta e poi nella capitale del Sud.

Un dolce sogno di uguaglianza che si spezzò presto. Il Milan fu comprato da Berlusconi, l’Inter si rivitalizzò con Trapattoni. Gli ingaggi salirono, le sponsorizzazioni pure. Il Napoli, per qualche anno riuscì a tenere testa al ritorno delle milanesi, vincendo il suo secondo Scudetto nel ’90, la Samp diede l’ultima illusione vincendo il successivo.

Poi vennero le pay-tv, gli ingaggi stratosferici, la legge Bosman e il calcio globalizzato. Il Verona aveva già ammainato bandiera bianca, il Napoli si avviava a quel decennio nero, preludio di un fallimento ritardato faticosamente di anno in anno. E la scena se la riprendevano i ricchi. Il sogno “proletario” cadeva sotto i colpi della vecchia e ricca “borghesia” calcistica. Inter, Juve e Milan, a spartirsi di nuovo campioni, incassi e titoli. Dietro di loro Roma, Lazio, Fiorentina e Parma, a completare le “sette sorelle”. Ma se la ricchezza delle prime tre era autentica, quella della altre quattro era pura illusione. La Fiorentina cadrà assieme al suo presidente Cecchi Gori, fallendo miseramente e ripartendo dalla C2, il Parma si sveglierà dall’illusione di grandezza non appena l’Italia intera si rese conto che quel volo, più che dalla bravura, era dettato dalle poco limpide operazioni finanziare di Tanzi. Lazio e Roma ebbero più gloria. Al passaggio di millennio riuscirono a strappare lo Scudetto alla triade del Nord, ma a carissimo prezzo. Due squadre che, nel giro di pochi anni, si ritrovarono quasi fallite, per l’impossibilità di reggere il confronto con le vere ricche del calcio italiano.

E da allora un triste “tripolio”, un campionato che ogni anno sembra quasi sempre scritto. Sporadiche e inutili le incursioni delle “altre”, quasi sempre Napoli e Roma, a cui vengono lasciate le briciole di un secondo posto o di una Coppa Italia.

Il calcio cambia, il calcio diventa sempre più dei ricchi. E nemmeno adesso, che Inter e Milan sono in una sorta di spending review, si intravede la possibilità di scalzare dal trono l’ultima delle tre rimaste la Juve. Tre Scudetti consecutivi e un quarto campionato da favorita. Forse ci proverà la Roma che grazie alla nuova proprietà americana sta investendo molto. Sembra averci rinunciato il Napoli, dopo l’illusione dello scorso anno, precipitosamente rientrata nei ranghi di quell’astratto Fair Play Finanziario diventato dogma dalle parti di Castelvolturno.

Gli anni ’80, Napoli, Verona e quegli Scudetti un po’ folli. Quelle gerarchie non prestabilite, quei tempi che (forse) non torneranno. O che (forse) a qualcuno non conviene che tornino…

Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio

Sartoria Italiana
Vesux

I Am Naples Testata Giornalistica - aut. Tribunale di Napoli n. 33 del 30/03/2011 Editore: Francesco Cortese - Andrea Bozzo Direttore responsabile: Ciro Troise © 2021 IamNaples
Salvo accordi scritti, la collaborazione con questo blog è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. In nessun caso si garantisce la restituzione dei materiali inviati. Del contenuto degli articoli e degli annunci pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. - Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione parziale o totale dei contenuti di questo portale Tutti i contenuti di IamNaples possono essere utilizzati a patto di citare sempre IamNaples.it come fonte ed inserire un link o un collegamento visibile a www.iamnaples.it oppure al link dell'articolo.