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Insigne e Bernardeschi: eccezioni in un calcio ”vecchio”, mosche bianche di una Serie A sempre meno per giovani‏

“Dobbiamo puntare sui giovani!” Quante volte l’abbiamo sentito ripetere. Più o meno ad ogni disastro mondiale parte la solita filastrocca. Un sentito e risentito che a volte stanca, ma che in fondo, analizzandolo bene, e privandolo di tutti i folli anacronismi di chi vorrebbe una Serie A tutta italiana come negli anni ’60, può e deve essere uno spunto di riflessione.

Già perché, tirando le somme, di giovani, italiani e non, provenienti dai settori giovanili e non, la Serie A è sempre più povera. Non è un calcio per giovani, in un paese che lo è ancora meno. E se a 35 anni, in qualsiasi ambito lavorativo, ti senti dire “devi fare esperienza”, non stupiamoci che nel calcio, con la vita da atleta ben più breve di quella da lavoratore, a 23 anni sei ancora un ragazzino di belle speranze.

Dai quasi 29 anni di età media di Chievo, Atalanta e Juve (le più vecchie del lotto), fino ai 23,8 anni dell’eccezione del Cagliari. Ma in Sardegna c’è Zeman, un mondo a parte, anche perché la seconda più giovane, il Palermo, ne ha più di 25,5 di media. La media totale è di 26,5. Vecchi, troppo vecchi, soprattutto se ci confrontiamo con i 24,4 della Germania, i 25 tondi della Francia o i 25,9 della Spagna.

E, a dire il vero, non c’era neanche bisogno di guardare i numeri. Basta farsi un giro nelle rose delle compagini di Serie A. La Juve capolista, a parte Pogba (acquistato dallo United quando aveva già una certa fama), ha quasi tutti giocatori Over 25. Idem l’Inter. Parziali eccezioni arrivano dalla Roma e dalla Lazio. E, badate bene, ci riferiamo solo agli Under 23, senza distinzioni tra chi è cresciuto in Primavera e chi è stato acquistato successivamente, anche dall’estero.

Perchè se dovessimo entrare nel dettaglio il bilancio sarebbe ancora più deprimente. Non solo l’Italia non è un calcio per giovani, ma, in particolar modo, non è un calcio per giovani provenienti dalla Primavera. Quante volte ai giovani napoletani, romani, fiorentini, sono state preferite semisconosciute “promesse”, arrivate con la fama di baby talenti e finiti nel dimenticatoio tra prestiti e inserimenti come contropartite in qualche trattativa secondaria di fine agosto. Un quadro che quindi è a tinte ancora più fosche. De Sciglio, Florenzi, Bernardeschi ed Insigne, le parziali eccezioni che sembrano, in fondo, confermare la regola. Con gli ultimi due che, causa infortunio del viola, mancheranno l’incrocio nel match di domenica. Un vero peccato perché a ben guardare il napoletano e il viola sono alcune delle poche note liete in un panorama giovanile sempre più deprimente. Sono alcuni tra i pochi ad essere riusciti a completare il salto Primavera-prima squadra con la stessa maglia.

Un mancato incontro tra due ragazzi con storie diverse, seppur simili. Bernardeschi è un classe ’94, alla prima vera occasione in Serie A. “Scippato” a nove anni all’Empoli, Bernardeschi ha fatto tutta la trafila nelle giovanili viola, dai Pulcini alla Primavera. Poi il prestito al Crotone ed una stagione in B ad alti livelli. Quest’estate il ritorno in viola. Pochi avrebbero scommesso su di lui, invece Montella, complice l’ecatombe di infortuni che ha colpito i viola, ha deciso di puntare su un attacco baby. Bernardeschi e Babacar, ’93 e ’94, di fatto il reparto offensivo (per necessità) più giovane della A. Peccato solo che la sfortuna in casa viola si sia abbattuta anche sull’ex Crotone. Infortunio e sfida col Napoli saltata.

Sfida saltata, ciò vuol dire nessun incrocio con Insigne. Lorenzo, classe ’91, più grande di Bernardeschi e già al terzo anno in Serie A. La sua storia, noi napoletani, la sappiamo a memoria. Prima le difficoltà alla Cavese, poi, a Foggia e Pescara, l’incontro con quel maestro boemo di nome Zeman che è un vero specialista quando si tratta di giovani. Il ritorno a Napoli e le perplessità di Mazzarri. Spazi conquistati a forza, prima scalzando Vargas e poi Pandev. E infine l’arrivo di Benitez, la sua maturazione tattica e quel ruolo campo, oscuro e complesso, che tanto ha fatto borbottare chi vive attorno al Napoli. Ma Lorenzo ha battuto lo scetticismo generale, ha riconquistato il suo pubblico, così come a Firenze sta cercando di fare anche Bernardeschi. E più di un tifoso napoletano aspetta al varco anche l’altro Insigne, quel Roberto che a Reggio Calabria sta facendo benissimo in un contesto non certo facile.

La Serie A non è un campionato per giovani. Ma un giorno, quando i Totti, i Toni, i Buffon, per sopraggiunti limiti anagrafici, dovranno per forza appendere le scarpette al chiodo, allora siamo sicuri che, nell’ombra e nel sacrificio, sarà cresciuta un’altra generazione di talenti … e così fino ad un nuovo giro!

Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio

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