Tra le parole di Sacchi sui settori giovanili (sbagliate nella forma, ma non nel contenuto), la calata degli olandesi su Roma e le intercettazioni su Lotito, il calcio italiano, tanto per cambiare, continua a far parlare di se più per ciò che accade fuori dal campo che in campo. In particolare le frasi di Lotito che definiva “una sciagura” l’eventualità di una promozione in A di Carpi e Frosinone (realtà troppo piccole a suo dire) sono particolarmente gravi, in quanto rischiano di inficiare l’unico giudizio che nel calcio dovrebbe essere imparziale fino alla fine: quello del campo.
Può piacere o non può piacere, a Lotito e ad altri, ma, fortunatamente, la realtà è questa. Se una squadra fa più punti della altre, sia essa espressioni di un paesino di 10mila anime o di una metropoli di 500mila abitanti, merita di potersi, l’anno successivo, giocarsi le sua chance nella serie maggiore.
Inoltre l’equazione “squadra piccola = squadra spacciata” per fortuna non è assolutamente vera. Anzi, tutt’altro. Proprio il Sassuolo prossimo avversario del Napoli dimostra come una piccola realtà, in un calcio di Serie A, ci possa stare benissimo e addirittura ben figurare. L’esempio della società emiliana è lampante, ed è forse il miglior modo per zittire Lotito e gli altri (perché, anche se non lo dicono, molti presidenti di big pensano ciò). Squadra ambiziosa, giocatori giovani e di prospettiva, un allenatore con idee innovative e fautore di un calcio propositivo(in un calcio, quello italiano, dove anche le big spesso e volentieri ricorrono al “palla lunga e pedalare”). Il tutto con alle spalle una società ambiziosa, uno stadio di proprietà ed una dirigenza che sa il fatto suo.
Certo ora molti obietteranno che alla fine ciò che conta sono i soldi del proprietario del Sassuolo. E Squinzi di soldi ce ne ha molti. Come d’altronde dimostra il fatto che lo scorso anno, a gennaio, spese ben 4 milioni per acquistare Floccari in scadenza dalla Lazio (e siamo pronti a scommettere che in quell’occasione il Sassuolo non era tanto “piccola” secondo il Lotito pensiero) Ma davvero possiamo ridurre il “miracolo” Sassuolo ai soli soldi di Squinzi? I soldi sono importanti, ma abbiamo visto presidenti più ricchi, proprietari di squadre più celebri ,naufragare sommersi dal mare di debiti causati da una megalomania dirigenziale che li spingeva a fare sempre il passo più lungo della gamba. Lotito d’altronde dovrebbe ben sapere la disastrosa situazione finanziaria che ha ereditato dalla gestione Cragnotti, così come lo stesso accadeva a Parma con Tanzi e a Firenze con Cecchi Gori. Anche loro erano ricchi e possedevano squadre più ricche. Eppure ciò non ha impedito il fallimento (o quasi-fallimento) di molte di loro. Ed anche club come Roma, Milan, Inter ed in passato Juve hanno mostrato che, spesso e volentieri, nonostante gli introiti è difficilissimo coniugare un progetto serio ed una squadra vincente.
Citiamo il Sassuolo perché forse è l’esempio più lampante di come anche una “piccola” possa e debba (se merita sul campo) avere la possibilità di giocarsela ad alti livelli. Ma potremmo tranquillamente citare anche il Chievo, l’Empoli o l’Entella in Serie B. E non limitandoci a considerare solo squadre di piccole città, ma anche squadre di città un po’ più grandi, ma con palmares decisamente povero o inesistente, d’obbligo citare le favole di Avellino e Catanzaro, capaci di essere le uniche meridionali, assieme al Napoli, a giocare in Serie A a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, o quelle di Cesena, Pisa e Pistoiese. Tutti club che, in modi ed epoche diverse, hanno meritatamene scalato la piramide calcistica italiana.
Certo, a Lotito ed altri, l’idea di un Carpi, di un Frosinone, di un Trapani o di un Entella in massima serie potrebbe significare qualche milioncino in meno nei diritti tv. Molto meglio sperare in Bologna, Brescia, o perché no Bari e Salernitana (le ultime due non citate a caso). Loro si che porterebbero tifosi (leggasi consumatori) e introiti per tutto il Sistema-Calcio, con buona pace di 2mila-3mila tifosi che magari potrebbero sognare il loro piccolo anno di gloria. Alla fine vincerebbero tutti: presidenti, dirigenti, pay-tv, sponsor, a molti più tifosi. A perdere, in fin dei conti, sarebbero solo pochi tifosi. Pochi tifosi assieme al concetto di gioco del calcio…
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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