Roma-Napoli fa male, molto male. È una ferita aperta, che difficilmente si rimargina. E non tanto per il risultato in campo. Di sconfitte ne abbiamo subite tante, ne continueremo a subire tante. Tempo 90’ (si spera) e tutto passa. No, non è il campo a farci male. E nemmeno l’ambiguo arbitraggio di Rizzoli con il mancato rosso a De Rossi. Errori, capitano, ci siamo abituati. La ruota gira, alla prossima saremo più fortunati.
Roma-Napoli fa male, molto male. E non è il gol di Pjanic a rendere questa nostra Pasqua, tra casatiello e pastiera, meno allegra. No, non sono le immagini del gol, non è il campo a farci arrabbiare. No, stavolta sono gli spalti a generare la nostra rabbia. I soliti cori, il Vesuvio invocato per l’ennesima volta, sono cose che al limite (molto al limite) possiamo anche farci passare. Possiamo anche rassegnarci alla vostra inciviltà e al vostro livore. Ma mai avremmo pensato che si potesse superare questo limite.
Una vergognosa sequela di striscioni. Immagini che fanno male prima alla civiltà, poi al calcio e infine ai napoletani. Prima Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito, accusata di lucrare sulla morte del figlio. Poi, come se la coltellata non fosse già abbastanza profonda, il “Daniele con noi!”, dove per Daniele si intende Daniele ‘Gastone’ De Santis, colui che, secondo quanto stanno confermando le indagini, quel giorno sparò a Ciro. Prima si accusa la madre di un ragazzo morto, poi si solidarizza con chi quel ragazzo l’ha ucciso.
Non venite a parlarci di “libertà d’espressione”, perché questa non è libertà. No, non siamo Charlie, oggi non vogliamo esserlo. Perché anche la libertà e i diritti hanno bisogno di un limite. “La mia libertà finisce dove inizia quella altrui” è il limite che Voltaire impose a questo meraviglioso quanto controverso concetto. Ebbene ieri quel limite l’avete superato. La vostra presunta libertà ha preteso di sconfinare nella libertà di una madre di vivere il più grande dolore che ci possa essere: la perdita di un figlio. Giudicandolo, criticandolo, addirittura permettendovi di indicare voi i tempi e i modi con i quali doveva essere vissuto quel dolore.
Mai la signora Leardi s’è abbandonata a propositi di vendetta, mai ha fomentato odio tra Napoli e Roma. Lucrare con libro e film? Ma per piacere. L’eventuale ricavato verrà destinato in beneficenza anche al policlinico Gemelli di Roma, dove Ciro ha vissuto cinquantatre giorni di sofferenza. Quindi per piacere evitiamo questo vostro mezzo moralismo. Evitiamo di giudicare questa mamma, la cui unica colpa è quella di non aver voluto affrontare in modo fatalistico la morte del figlio. Nessun “era destino”, nessun pianto ininterrotto come molti forse avrebbero voluto. Ma l’azione. L’azione di tenere vivo il ricordo del figlio. Fare di Ciro un esempio affinchè di Ciro nel calcio ce ne siamo sempre meno.
Giusto, ma forse voi di esempi ne avete altri. Altri tipo Daniele ‘Gastone’ De Santis. Avete espresso la vostra solidarietà. L’avete indirettamente invitato a stare con voi. Uno che, assieme ad altri ‘compari’ (non dimentichiamolo mai), aveva pianificato di assaltare i pullman dei tifosi azzurri. Ciro era l’imprevisto, colui che non avrebbe dovuto trovarsi lì. Colui che, nei pensieri di Gastone, avrebbe dovuto far finta di niente, non intervenire, girarsi dall’altra parte. Ciro non l’ha fatto, è intervenuto e quell’intervento l’ha pagato con la vita. Ucciso da uno che non avrebbe mai dovuto avere una pistola, che non avrebbe mai dovuto avere la possibilità di assaltare quei pullman. Ucciso da uno che a cui voi esprimete la vostra solidarietà.
Ma non temete. C’è chi vi giustifica, chi vi da ragione. C’è anche chi parla di scandalo e teme una penalizzazione per la Roma o una squalifica dello stadio. Sinceramente di ciò poco mi preoccupo, e poco mi interessa. Mi preoccupano più i molti silenzi. I silenzi degli stessi, soprattutto tra le istituzioni, che tanto avevano criticato la maglia “Speziale Libero” di Genny ‘a Carogna perché inneggiava ad un assassino, e che adesso fanno finta di niente sul “Daniele con noi” che, a rigor di logica, sempre ad un assassino inneggia. Mi preoccupano quei silenzi, quelle mancate indagini che tanto erano state solerti nello spulciare gli stati di famiglia degli ultras napoletani e che, a distanza di mesi, ancora non hanno portato a nulla su chi era con De Santis quel fatidico giorno.
Pretendere giustizia per quanto visto ieri non è vittimismo, termine che serve solo a sminuire le ragioni di una protesta. Vittimismo è solo il vostro modo per creare un substrato ideologico ad un gesto che, senza se e senza ma, è sbagliato. Sbagliatissimo! La logica secondo la quale l’insulto è sinonimo di libertà e le reazione all’insulto è sinonimo di vittimismo è un qualcosa che, di fronte a quanto successo ieri, non possiamo più accettare. Non possiamo per Ciro, per Antonella, ma soprattutto per quel messaggio che la signora Leardi vuole cercare di trasmettere perpetuando il ricordo del figlio.
Daniele è con voi… Antonella Leardi è tutti noi!
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