Dalla gloria alle difficoltà il passo può essere breve. Come è successo al Napoli che a maggio era una città in festa per il terzo Scudetto della sua storia ma all’inizio della stagione 2023-2024 ha dovuto far fronte ad una serie di criticità. Con l’addio di Spalletti a giugno e l’arrivo di Rudi Garcia sulla panchina partenopea si pensava che in qualche modo potesse esserci continuità. E invece l’allenatore francese non è mai riuscito ha trovare la soluzione vincente per il proprio gruppo, inanellando una serie di risultati al di sotto delle aspettative. A inizio torneo, infatti, il Napoli secondo media e tifosi, e secondo anche le informazioni che potevano essere fornite da un comparatore di quote sul calcio, era secondo tra i favoriti per la conquista dello Scudetto alle spalle della sola Inter. Invece strada facendo ha dovuto rivedere i propri obiettivi e i propri piani di inizio stagione. Così a metà del girone di andata la dirigenza Azzurra ha optato per l’esonero di Garcia richiamando in panchina Walter Mazzarri, già allenatore del Napoli tra il 2009 e il 2013. Naturalmente l’avvicendamento dei due allenatori ha cambiato qualcosa anche a livello tattico. Andiamo a scoprire le differenze tra i due allenatori.
Le tattiche di Mazzarri
Lo scorso 14 novembre, quindi, Il Napoli ha esonerato Rudi Garcia e richiamato “alla base”, dopo dieci anni, Walter Mazzarri. Ma a parte lo schema di base, il 4-3-3, gli incroci tra Garcia e Mazzarri finiscono qui. Perché a livello tattico nelle intenzioni di Garcia ci doveva essere un Napoli dal gioco rapido, con veloci ripartenze e un ritmo altissimo, cercando verticalità e intensità. Quello che si è visto invece con il Napoli di Mazzarri in queste prime settimane è un gioco invece più tattico e conservativo, ben lontano dalla sfrontatezza e dalla spettacolarità di quello spallettiano ma anche distante da quello, purtroppo, inconsistente e confusionario di Garcia. Mazzarri tornato a Napoli è stato costretto a riproporre il 4-3-3 (d’altronde la squadra era stata costruita con giocatori con caratteristiche adatte a questo modulo) per salvare il salvabile e non stravolgere esageratamente gli equilibri. Si può dire che il suo schema di base può trasformarsi a volte in una specie di 4-2-3-1 con Lobotka più avanzato rispetto ad Anguissa e Zielinski, per dare supporto a Kvara da una parte e a Simeone (o Raspadori) dall’altra e dar loro più spazio attirando l’uomo. Ma soprattutto, in generale, il nuovo gioco che propone Mazzarri cerca di enfatizzare e puntare sul gioco verticale ma sfruttando le combinazioni sulle fasce e, se serve, provando a rallentare il ritmo per due motivi principali: innanzitutto per una questione di energie a disposizione (inutile correre a vuoto se la partita non lo permette e ci si scontra contro un muro), e poi in certi casi meglio far girare palla e trovare l’attimo giusto per sfondare la difesa avversaria piuttosto che andare all’arrembaggio se questo non porta frutti. E poi c’è un altro elemento distintivo del gioco di Mazzarri. Se con Garcia le tattiche erano quelle studiate e si dovevano fare a tutti i costi (sia che riuscissero sia che non riuscissero, sia che l’avversario lo permettesse o meno), con Mazzarri ci si basa sulla lettura dell’avversario. Lo stile di gioco del nuovo Napoli mette in primo piano l’importanza della lettura del gioco e soprattutto l’elemento di adattamento alle caratteristiche dell’avversario e alle situazioni di gioco in tempo reale.
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