14 ottobre 2012, 9° giornata del campionato di Serie B. Si gioca Empoli-Ascoli. In un Castellani semideserto i toscani, penultimi in classifica con soli 4 punti e ancora a secco di vittorie, perdono per 3-0. E’ il punto più basso dell’avventura di Maurizio Sarri ad Empoli. In quel momento certamente mai avrebbe pensato, nel giro di tre anni, di tornare al Castellani alla guida di una delle formazioni più forti della Serie A, il Napoli. Anzi, a dirla tutta, in quei 90’ disastrosi avrà certamente pensato “chi sa se la prossima settimana sono ancora al Castellani in qualità di allenatore”. Effettivamente 4 punti in 9 giornate, con una squadra costruita per far bene in categoria, è un bottino, diciamocelo sinceramente, da esonero.
Ed invece l’ex impiegato di Figline Valdarno iniziò, già dalla giornata successiva, a mietere successi. Uno dopo l’altro! E così, dallo spettro dell’esonero si arrivò, nel giro di qualche mese, alla lotta per la promozione. Sfumata il primo anno per la sconfitta nella finale play-off contro il Livorno, ottenuta l’anno successivo in modo diretto con una grande cavalcata.
L’Empoli torna in A, lo fa da outsider. Una rosa di giocatori d’esperienza, come Tavano e Maccarone, assieme a giovani di belle speranze, come Hysaj e Rugani. Un mix che, dopo la cavalcata in B, fatica a carburare in massima serie. Il gioco c’è, nessuno lo nega, ma i risultati non arrivano. Eppure, cosa rara nel mondo del calcio, la dirigenza dell’Empoli non ha memoria corta.
Sarri è un tecnico dalle partenze lente, lo è sempre stato, ed anche a Napoli lo stiamo vedendo. Questione di metodi di allenamento e di filosofie di gioco che necessitano di essere assimilate per bene dai calciatori prima di poter essere messe in pratica nel migliore dei modi. Ad Empoli hanno avuto pazienza e sono stati ripagati. Prima c’era il gioco, ma non i risultati. Ora ci sono anche i risultati. E l’Empoli ottiene una tranquilla salvezza…
… con qualche scalpo eccellente.
Proprio come quello del Napoli. In quel 4-2 che, a detta di molti opinionisti, è diventato quasi un manifesto del gioco sarriano. Una squadra tatticamente perfetta che riuscì, in soli 45’, ad annichilire un Napoli spaesato ed inconcludente, nonostante l’abisso tecnico che separava (e separa tutt’ora) le due squadre.
Ora Sarri torna da avversario al Castellani, alla giuda di una squadra certamente più forte e più prestigiosa. Ma oltre agli onori la panchina del Napoli comporta anche degli oneri. Anzi, comporta soprattutto degli oneri. Dopo l’iniziale ubriacatura di novità ed un’opinione pubblica totalmente a favore, Sarri si trova di fronte alla dura realtà delle piazze di vertice. La serenità con cui ad Empoli gli perdonarono diverse sconfitte, non appartiene al modo di pensare di una big. E non potrebbe essere altrimenti.
Empoli era Empoli, Napoli è Napoli. E i tifosi si augurano (anzi, diciamo le cose come stanno, pretendono) di vedere che, rispetto ad Empoli-Napoli 4-2, a cambiare campo non sia stato solo l’allenatore e un paio di calciatori, ma soprattutto chi porta a casa i tre punti. Un inizio come quello del 2012 a Napoli non te lo perdonano. Sarri lo sa bene, è un allenatore troppo intelligente e di certo avrà capito che in un Empoli-Napoli sedere al Castellani sulla panchina degli ospiti ti costringe ad un unico risultato accettabile per i tifosi: la vittoria.
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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