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Argentina-Belgio come nell’86. Allora Maradona diventò “el mas grande”, oggi Messi vuole eguagliarlo. E c’è molto più Napoli in campo

I quarti di finale di questo Mondiale in Brasile si preannunciano pieni di spettacolo e di gol. Ci sono sfide indite, come quella tra la matricola Costa Rica (chiedere all’Italia per maggiori informazioni) e l’Olanda di Robben e Van Persie. C’è poi la sfida tra il Brasile padrone di casa, che fatica ad entusiasmare, e la sorprendente Colombia, squadra piena di talenti, da James Rodriguez a Jackson Martinez. E con l’amletico dubbio del “se c’era anche Falcao?”.

C’è poi il grande classico europeo: Francia-Germania, la sfida tra la due grandi potenze continentali.  Ben nove trofei in campo, tra Mondiali ed Europei, e stelle del calibro di Muller e Benzema. Ma soprattutto tanta, tantissima rivalità. Una rivalità che ha segnato la storia europea. Dall’843 d.C., quando a Verdun l’Impero di Carlo Magno fu diviso. Tedeschi (e italiani del nord) da un lato, francesi dall’altro. E 1200 anni di guerre, mezzo secolo di revanscismo, e una rivalità che, per fortuna, s’è spostata dal campo di battaglia al campo di calcio. E da allora partite memorabili, come nell’82, nella noche de Sevilla, la semifinale  da molti definita la partita più bella della storia dei MondialiIl vantaggio tedesco, il pareggio di Platini. E poi il fallo di Schumacher su Battiston. I supplementari: 3-1 per i francesi. Finita? Per niente.  Rummenigge e una grande rovesciata di Fischer portano la gara ai rigori. Non ne bastano cinque, per la prima volta ai Mondiali si va ad oltranza. E vincono i tedeschi.

Quattro anni dopo l’occasione della rivincita. Niente da fare per i francesi, vince ancora la Germania. Germania che si guadagnerà la finale contro l’Argentina di Maradona. Già l’Argentina, proprio la stessa Argentina che aveva eliminato il Belgio nell’altra semifinale. Oggi come allora il destino del Mondiale pone di fronte Argentina e Belgio.

Tante le similitudini, tante le differenze tra quel Mondiale in Messico e questo in Brasile. Allora la Coppa incoronò Maradona il più grande di tutti, oggi potrebbe accadere lo stesso con Messi. D’altronde la storia è piena di corsi e ricorsi. E come Diego quel Mondiale seppe trascinare una non brillante Argentina, anche Messi quest’oggi sembra fare lo stesso, risultando sempre come l’uomo decisivo per l’Albiceleste.

Ma c’è anche tanto di diverso. Quest’Argentina può contare su giocatori del calibro di Di Maria, Lavezzi, Aguero  e Higuain. E c’è molta più Napoli in campo. Allora solo Diego, oggi il Pipita e Fernadez (e, diciamolo, anche un pezzetto di Lavezzi). Nell’86 era invece Diego contro tutti. Proprio con il Belgio, quattro anni prima, divenne emblematica l’immagine di cinque avversari che marcano Maradona. Inutile, con Diego tutto inutile. Perché alla fine è sempre decisivo, pure se marcato da undici avversari. Nell’86 ai belgi rifila due gol, e biglietto per la finale prenotato. E non sottovalutiamo quel Belgio. Ora come allora una buona squadra, un buon collettivo. Certo, questo Belgio, con i vari Hazard, Lukaku, De Bruyne e il napoletano Mertens, è una bellissima squadra, stracolma di talenti. Ma anche quello dell’86 non scherzava, soprattutto in attacco. Nella memoria il 4-3 contro la temibile Unione Sovietica (che due anni dopo sarebbe arrivata in finale all’Europeo) e il 5-4 ai rigori contro la Spagna di Butragueño, in un quarto di finale al cardiopalma.

E mentre il Belgio mandava a casa la Spagna, Maradona deliziava il mondo in un altro quarto di finale: Argentina-Inghilterra. Con i soldati argentini morti nella Guerra delle Falkland che ancora gridavano vendetta, Diego punì gli inglesi. Gesto di estrema furbizia, mano galeotta e vantaggio argentino. La “Mano de Dios” disse Diego. La vendetta perfetta contro gli odiati “imperialisti” inglesi, ma Maradona è un grande, il più grande di tutti i tempi. E il più grande non può vincere con un gol di mano. Il più grande mette sempre le cose in chiaro.

Hector El Negro Henrique, discreto centrocampista, diventerà celebre per un passaggio, per quel passaggio. Al 60’ da la palla a Maradona. Diego parte: 60 metri in 10 secondi, cinque inglesi lasciati sul posto, l’intero Azteca di Città del Messico col fiato sospeso, e palla in rete. El gol del siglo, il gol del secolo.

In quel momento valeva la semifinale col Belgio, successivamente avrebbe valso la Coppa del Mondo. Alzata al cielo di Città del Messico, per la seconda volta nella storia argentina. Con Maradona che, siglando anche l’assist decisivo in finale, veniva incoronato migliore al Mondo. Aveva fatto grande l’Argentina, avrebbe di li a poco fatto grande anche il Napoli.

Oggi invece questo Argentina-Belgio è nel segno di Messi. Del suo dualismo eterno con Ronaldo e dell’ombra ingombrante proprio di Maradona. C’è però molto più Napoli. Higuain (in cerca del primo sigillo mondiale), El Flaco Fernadez, ora punto fermo anche nel Napoli di Benitez. E dall’altro lato il folletto Mertens che, più di una volta, ha dimostrato di saper fare tremare le difese avversarie anche al Mondiale. Insomma la certezza è che, comunque vada a finire, un po’ di Napoli andrà in semifinale. E, perché no, forse qualcuno quella Coppa riuscirà anche ad alzarla. L’ultimo fu proprio Maradona, e l’anno dopo fu… vabbè siamo napoletani, siamo scaramantici. Quindi non lo diciamo, tanto sapete tutti come andò a finire.

Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio

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