Guai ad uscirsene con la frase fatta del “comunque vada sarà un successo”. Di successo si parla solo quando si vince, si alzano i trofei. E la memoria dei tifosi cancella presto piazzamenti, semifinali o ingressi Champions dalla porta di servizio. Ma è innegabile che, almeno in Europa, il Napoli questa stagione ha fatto bene, soprattutto se confrontiamo i risultati internazionali con il campionato altalenante. Non siamo il Real dall’alto delle sue dieci Champions, e nemmeno possiamo paragonarci a Porto o Ajax che la principale competizione europea per club l’hanno vinto più di una volta.
Noi non solo la coppa più prestigiosa non l’abbiamo mai vinta, ma non siamo neanche riusciti ad avvicinarci quel tanto che basta per poter dire “proviamoci!”. Quindi, poca puzza sotto il naso, l’Europa League, competizione che molti definiscono di “seconda fascia”, è un qualcosa che, facendo tutti gli scongiuri del caso, darebbe grande lustro e prestigio ad una stagione che oscilla tra il possibile fallimento degli obiettivi stagionali e lo storico ritorno a trionfare in Europa dopo ventisei anni.
Vincere l’Europa League non è facile. Come detto non siamo il Real, non possiamo permetterci di avere la puzza sotto il naso. Non abbiamo una grande storia in Champions e, se è per questo, nemmeno in Europa League (o per i nostalgici Coppa Uefa) o nella defunta Coppa delle Coppe. Il Napoli sta disputando contro il Dnipro la sua terza semifinale europea in quasi 90 anni di storia. Diciamo la media di una ogni 30 anni. E i due precedenti sono certamente agrodolci:
La prima volta che gli azzurri hanno avuto la possibilità di entrare nella nobiltà calcistica europea è durante la stagione 1976/77. Il Napoli è fresco vincitore della Coppa Italia e, come succedeva all’epoca, è iscritto di diritto alla Coppa delle Coppe (allora seconda competizione Uefa). Il cammino degli azzurri, allenati da Pesaola e trascinati in campo da Savoldi è altalenante in Serie A, ma molto prolifico in Europa.
Il Napoli elimina il Bodo/Glimt, l’Apoel e lo Slask (diciamocelo francamente, non avversari irresistibili). Si arriva quindi alle semifinali, dove il Napoli affronta invece un avversario molto quotato, l’Anderlecht campione in carica. All’andata gli azzurri riescono ad imporsi per 1-0. Mai così vicini ad una finale europea. Basterebbe non perdere e poi dritti a giocarsela con il Bayer Leverkusen.
A complicare i piani degli azzurri si mette però… una birra. Si, avete capito bene, una birra. La birra Bellevue. Ora, legittimamente, starete pensando come una birra possa influenzare una partita. In realtà non l’ha influenzò direttamente, ma fu al centro delle polemiche nel post gara. Il Napoli sul campo perse per 2-0, ma fu annullato un gol, che sembrava regolare, a Speggiorin. Tanto bastò perché l’arbitro, il signor Bob Matthewson, finisse al centro delle polemiche. E la birra? Guarda caso la Bellevue, oltre ad essere la birra sponsor dell’Anderlecht pagava il signor Matthewson per fare il testimonial in Inghilterra. Insomma un “conflitto d’interessi” che scatenò la fantasia e i dibattiti di tantissimi opinionisti.
Alla storia comunque passò la sconfitta del Napoli. L’Anderlecht andò in finale e perse contro il Leverkusen.Dovettero passare più di 10 anni perché il Napoli arrivasse ad un soffio da una finale europea. E stavolta la musica fu totalmente diversa.
Musica, la parola che accompagnò Diego Armando Maradona nel riscaldamento all’Olympiastadion di Monaco nel pre-partita di Bayern-Napoli. I bavaresi, nonostante una squadra di altissimo livello, nulla possono contro Maradona e compagni. Sconfitti 2-0 al San Paolo, nella gara di ritorno non vanno oltre il 2-2, mancando la finale tutta tedesca con lo Stoccarda.
Lo Stoccarda lo affrontò il Napoli: 2-1 al San Paolo e 3-3 nell’indimenticabile notte del 17 maggio 1989. Alemao, Ferrara, Careca… 18’, 39’, 62’. Ogni over 35 tifoso del Napoli ha questi numeri impressi nella memoria, epilogo di un cammino che vide, proprio nella semifinale contro il Bayern uno dei punti più alti della storia azzurra.
Il 14 maggio 2015 saranno quasi 26 anni esatti da quella notte di Stoccarda. L’avversario è il Dnipro. Non il Bayern, non l’Anderlecht. Non ci sono birre e, purtroppo, non c’è Maradona. Ma il sogno resta comunque lo stesso: avere l’opportunità di giocarsi gli ultimi 90’ ed alzare un trofeo. Così l’inutile “comunque vada sarà un successo” lascerà posto, giustamente, ad un più bello e soddisfacente “è stato un successo!”
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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