L’esonero di Fabrizio Castori è una delle anomalie del calcio italiano, per quello che riguarda le matricole. Sono molti, infatti, gli allenatori artefici di un miracolo calcistico rimasti in sella per tutta la prima stagione in Serie A, a dispetto dei risultati. Uno di questi è Gigi Cagni. Nel 1993 portò il Piacenza per la prima volta nel massimo campionato e l’anno seguente non riuscì a scongiurare la retrocessione. Mantenendo comunque il posto non solo fino al termine del campionato, ma addirittura per altre due stagioni. Il tempo per riportare la squadra in Serie A: “Non posso valutare la situazione del Carpi non avendola vissuta. Chiaro però che dispiace vedere come ci si concentri solo sui risultati, a qualsiasi livello, cancellando in un attimo quello che un allenatore ha fatto in precedenza e pretendendo cose tecnicamente difficili o non attuabili. Il Carpi è una squadra che sta facendo il primo campionato di A e andrebbe contestualizzato tutto”.
Come fu la sua situazione a Piacenza? Le prime partite in A furono molto difficili ma Lei rimase in sella, nonostante la retrocessione finale
“A Piacenza non ho mai avuto problemi, c’era del resto un rapporto diverso con la dirigenza e la proprietà. Il presidente mi stimava, io ero partito con la squadra in C1 e l’avevo portata in pochi anni in Serie A. Sulla retrocessione c’è da dire che fu un po’ anomala, dato che ci condannò la vittoria della Reggiana a San Siro contro il Milan campione d’Italia. Da allora sono passati oltre vent’anni e vedo che il calcio ha perso certi valori. Ora si guardano i freddi numeri, l’economia. Ma non può funzionare così e non a caso questo degrado verso cui si avvia il calcio italiano porta ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti: i risultati della Nazionale o delle squadre italiane nelle coppe europee lo dimostrano. Non siamo più al livello di Germania, Francia o Spagna. Se non hai certi valori difficilmente ci può essere un futuro”.
Calcio italiano da rivedere
“Assolutamente. Guardiamo la classifica e vediamo come nei primi posti ci sono Sassuolo, Torino e Chievo. Squadre che hanno una progettualità, che mantengono il tecnico al proprio posto. Il punto è che in generale nel calcio italiano manca organizzazione e progettazione. E anche materiale tecnico. Prendo l’esempio della Fiorentina con Kalinic: hanno dovuto prendere un giocatore con queste caratteristiche in Ucraina. Ma in Italia dov’è un giocatore così, con questa fame? E il problema è che nessuno fa nulla”.
Fonte: Tmw
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