La sala di lettura di La Feltrinelli Express alla Stazione Centrale di Napoli, gremitissima, si fa salotto letterario con un ospite d’eccezione: Roberto Fiore, 88 anni portati meravigliosamente, il cui nome è legato indissolubilmente alla storia del Calcio Napoli, essendone stato il presidente dal 1963 al 1968. I ricordi di un tifoso, prima che di un dirigente si sono raccolti in forma aneddotica, tutt’altro che triste, in “una carrellata di storie di calcio e di pallanuoto”, nel libro di cui è autore, intitolato “Quello che sono stato”, con prefazione di Rosaria Mennillo, nipote dell’autore. All’incontro hanno preso parte numerosi amici di vecchia data insieme a semplici estimatori desiderosi di stringere la mano all’ex presidente anche di Juve Stabia e della squadra del Posillipo nella pallanuoto.
Moderatore dell’incontro il giornalista del TG3 Gianfranco Coppola, accompagnato al tavolo dall’attore, nonché grande tifoso azzurro Gino Rivieccio che ha letto alcuni brani dal libro. Presenti anche alcuni ex calciatori del Napoli: Rosario Rivellino, Enzo Montefusco, Antonio Juliano e Dolo Mistone, definito “terzino fluidificante, precursore di Facchetti” con il “difetto” dell’autogol, ma che fu anche convocato in Nazionale da Helenio Herrera.
Antonio Juliano non ha dubbi su Fiore: “Il suo grande merito è quello di aver permesso ai giovani bravi dell’epoca di arrivare in prima squadra, cosa impensabile per un periodo in cui c’era poca fiducia nei giovani”. Enzo Montefusco è d’accordo: “Con lui ci divertivamo. È vero che per noi giovani era difficile, ma il presidente ci ha dato l’opportunità di farci crescere, ha avuto grande intuito nel capire che il Napoli aveva bisogno di un certo tipo di giocatori.” Rosario Rivellino riconosce a Fiore un merito particolare: “Se crede in qualcosa sa trasmettere questa fiducia agli altri e riesce anche a tramutarla in qualcosa di concreto.” Poi dà il là ad un ricordo speciale, la promozione del Napoli in serie A nel 1962. È lo stesso Fiore a raccontare l’episodio con dovizia di particolari: “Era il 3 giugno, giocavamo a Verona mentre a Napoli c’erano le elezioni, quindi Achille Lauro mi telefonava a intervalli regolari a partire dalle 7.00 del mattino chiedendomi la vittoria. Noi in albergo eravamo già stati svegliati alle 6.00 dalle urla dei tifosi. La tensione tra i giocatori era alle stelle e io la percepivo, era palpabile, allora ebbi l’idea di mandare a destinazione il pullman della squadra con a bordo solo il massaggiatore Michelangelo Beato, mentre radunai tutti i giocatori e li feci camminare a piedi per due chilometri, cantando canzoni napoletane, con in testa Corelli (autore della rete della vittoria all’85’). Partimmo in 20 ed arrivammo allo stadio in un migliaio, tanta era la gente che si era aggiunta a noi! La tensione andò via completamente, noi vincemmo e la serie A fu nostra.”
L’ex presidente azzurro racconta che, dopo aver portato a Napoli Altafini, riuscì a ingaggiare Sivori grazie ad uno stratagemma: “Ingaggiai un amico attore che faceva bene le imitazioni, facendo credere a tutti che parlavo a telefono con il vero Sivori, mentre poi l’indomani mi recai a Torino, mostrando a Vittore Cartella le prove di come l’attaccante argentino aveva sparlato della Juventus. Lo acquistai per 100 milioni e in seguito Agnelli mi fece avere anche una decurtazione di 10 milioni.”
Sopraggiunge anche Paolo De Crescenzo, allenatore del Posillipo, che testimonia la voglia di vincere del vulcanico dirigente: “Sapeva trasmetterci la sua carica, dovevamo disputare la finale di ritorno con la quotatissima Pro Recco, non avevamo chances, eppure lui per invogliarci alla vittoria promise un’auto a chi avrebbe segnato più gol. Voleva proprio lo scudetto!”
Non sono mancati temi che riguardano più da vicino il calcio moderno, nel raffronto con Aurelio De Laurentiis, ma soprattutto nel rapporto tra la squadra e la Città. ed è Gianfranco Coppola a farlo: “Non bisogna scollegare il Napoli e Napoli, è necessario invece far sì che il club apra le porte alla Città”. Ed è un coro unanime di consensi con Juliano che ricorda come “… la società indicava ai giocatori di andare all’inaugurazione di un Club Napoli e noi calciatori eravamo ben contenti di presenziare.”, Rivellino ricorda che “All’allenamento erano presenti ben 10 mila persone” e Gino Rivieccio parla di una sorta di rito del sabato all’Hotel Paradiso: “Prendevamo apposta un pullman per aspettare l’uscita dei calciatori dall’allenamento per una foto ed un autografo e loro non te li negavano mica”. Montefusco specifica, poi: “Un Lavezzi messo in condizione di essere fischiato non può neppure replicare perché lui il rapporto con la gente non ce l’ha, a differenza di noi nella nostra epoca. L’abbraccio col pubblico al giovedì era, infatti, una cosa bella da gustare anche per noi, invece il calcio di oggi è completamente diverso: giocato ogni 3 giorni, non ti dà neppure il tempo di gustare una bella vittoria che subito incombe una nuova partita”
Dalla nostra inviata Maria Villani
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