“Quando arrivò il gol di Ghiggia – ha scritto Eduardo Galeano – il silenzio esplose sul Maracanã, il più straordinario silenzio della storia del calcio“. Fu quello degli oltre 200.000 brasiliani stipati sulle tribune dello stadio più grande del mondo, nella cattedrale pensata e costruita per celebrare il primo mondiale verde-oro che divenne invece, quel 16 luglio 1950, la culla della più grande tragedia sportiva del paese sudamericano.
Un mito, quello del Maracanà, che affonda nel dolore di una nazione, un dolore espiato nel tempo, sublimato nell’unicità di momenti come questo, l’eplosione roboante nell’attimo del millesimo gol di Pelè. E quel mito, oggi, versa così: un ammasso di macerie tutt’attorno ai pochi ciuffi d’erba di un campetto fatiscente, abbandonato e dismesso. Così è e così invece dovrà diventare.
Il vecchio gigante si sta infatti rifacendo il trucco, la ferita è solo momentanea: il Mondiale 2014, 64 anni dopo il ratto uruguagio, avrà il suo nuovo tempio, restaurato, moderno, polifunzionale, traino di un’economia e di una crescita sportiva che dovrà portare all’Olimpiade di Rio due anni più tardi. Non più dunque 200.000 spettatori – anche se da anni le norme di sicurezza ne avevano portato la capienza ufficiale attorno alle centomila unità – non più folle oceaniche ma esempio di architettura avveniristica. Così giurano in Brasile, così assicurano le autorità, così per lo meno si sono affrettate a dichiarare per mettere a tacere i dubbi.
Difficile sia pronto per fine 2012 come da progetto iniziale, quasi impossibile bastino poi i 425 milioni di dollari messi a preventivo. Per il Mondiale, però, sarà lo sforzo di un’intera nazione a vestirlo a nuovo, una nazione pronta a cancellare il silenzio di ieri tanto quanto quello di oggi.
La Redazione
C.T.
Fonte: sportmediaset
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