La storia di Fantantonio alle prese con un improvviso problema al cuore ha colpito tutti gli appassionati di calcio che al di là di ogni bandiera si sono stretti intorno alla figura di un campione che con la sua genialità regala emozioni.
Per molti un idolo, per moltissimi uno che poteva dare ed avere molto di più dal Mondo del calcio, per tutti una personalità di spicco del Pallone made In Italy. La partita più difficile di Cassano, il suo problema cardiaco, uno scherzo del Destino con cui ha un rapporto di amore / odio, la maturazione di un ragazzo come tanti che ce l’ha fatta nonostante i suoi limiti caratteriali, la sua altalenante carriera: questi i temi che affronteremo (dividendoli in due parti) per raccontare chi è davvero Fantantonio.
Cassano Antonio 12/07/82- I più gli rimproverano un impegno non sempre all’altezza, una maturità molto relativa, una sorta di irriconoscenza verso Madre Natura che gli ha regalato una dote (il suo destro) di cui pochi possono vantarsi. Altri lo osannano, per i suoi piedi, per il suo cuore, per la sua genuinità. Nessuno mai, però, potrà rimproverargli d’essere un inetto. Antonio Cassano from Bari Vecchia ha sempre fatto parlare di sè: non è mai stato uno tra le righe, non si è mai accontentato di un posto in seconda classe, ha sempre visto le cose di bianco o di nero colorate, per lui le sfumature non esistono. Che sia stato un predestinato, leggendo gli archivi dell’ufficio anagrafe di Bari, lo si può intendere già dai suoi primi respiri: Antonio, infatti, nasce da mamma Giovanna Perrelli la notte tra l’11 ed il 12 luglio ’82, mentre tra le strade si festeggiava la terza vittoria Mundial. Cassano iniziò a scalciare, a chiedere di scendere in campo, già mentre Rossi & Co. abbattevano i Panzer tedeschi in terra ispanica, ma prima di poter venire alla luce dovette attendere qualche ora,d’altronde si sa, è difficile chiedere ad un medico di fare il proprio lavoro proprio mentre l’Italia sta per salire sul tetto del Mondo del Pallone.
Enfant Mundial- Che non sia stato un bambino come gli altri, poi, i suoi amici d’infanzia e parenti se ne sono accorti subito: Tonino palleggiava qualsiasi cosa avesse un minimo di forma sferica, che si trattasse di arance, palline o super tele cambiava poco, Tonino “giocava il pallone anche quando il pallone non c’era” (cit. mamma Giovanna in “Sfide”-2008). Da piccolo, come molti bambini nati in condizioni di povertà e delinquenza pret a porter, Antonio non è per nulla un Santo e di studiare o fare il chirichetto non ne ha mai avuto voglia. “Voleva solo il pallone”, ed il pallone, che a volte sente chi lo tocca, voleva solo lui. Alla tenerissima età di 13 anni, dopo essere diventato una sorta di Leggenda metropolitana in quel di Bari Vecchia, tale Tonino Rana, dirigente della Pro Inter, scuola calcio del capoluogo pugliese, decise di portarlo con sè, di farlo giocare in un campo “vero”. “Non ho mai visto nulla di simile, mi bastò vederlo palleggiare per innamorarmi di lui” racconta alle telecamere il suo “primo Garrone“, la prima figura paterna che tanto è mancata nella vita del Campione. Cassano era troppo forte, un’altra categoria (o qualcosa in più) rispetto ai suoi coetanei ed il primo ad accorgersi di questo particolare fu proprio lui: “A cinque anni, bambini di undici mi cercavano per vincere le partitelle. Da piccolo mi accorgevo di essere più bravo degli altri, il tempo è passato ed ancora oggi ho la stessa impressione.” Lui, primo estimatore di se stesso, pochi mesi dopo l’approdo in scuola calcio ebbe la chiamata del Bari, il centro Matarrese aspettava il piccolo fenomeno. Come ogni tappa della sua vita, anche il passaggio al Bari ebbe risvolti melodrammatici, amplificati: Tonino non voleva vestire quella maglia, ne aveva sentite troppe sulle raccomandazioni che arieggiavano nell’ambiente biancorosso e lui, che si sentiva figlio di nessuno, preferiva giocare nell’anonimato.
Da Fascetti a Capello- Per fortuna mamma Giovanna, e la misera con la quale il tandem-famiglia era abituato a convivere, lo spinsero verso il centro Matarrese. A Sedici anni Antonio Cassano si allenava con la prima squadra del Bari ed a 17 esordiva sotto la guida di Eugenio Fascetti. La prima partita, una sconfitta nel derby con il Lecce, lasciò solo intravedere le sue straordinarie qualità, la seconda in A, al San Nicola contro l’Inter, è storia: qualsiasi appassionato di calcio non può non ricordare lo stop di tacco, il palleggio con la fronte e il dribbling tra Panucci e Blanc prima di spiazzare Ferron, subentrato a Peruzzi. La prima cosa che pensò, l’ingenuo, crudo e disamorato Antonio, che stava per diventare Cassano, fu la ricchezza che sarebbe scaturita da quella rete, la prima persona a cui pensò fu sua madre. “Ero una venditrice ambulante di pizzette e frittelle e spesso, con mio figlio, ho patito il freddo e la fame. Antonio promise che m’avrebbe reso ricca e come sempre ha mantenuto la sua parola.” Dopo aver bruciato tutte le tappe, dopo aver preso a tunnel e doppi passi la vita, che fino ad allora l’aveva marcato ad uomo tirandogli spesso la maglia, Antonio è solo davanti al portiere del destino, e segnare, per uno come lui, in quei casi sarebbe troppo semplice. “Da piccolo segnavo minimo cinque gol a partita, ma io preferisco fornire assist. Il perchè? E’ semplice: in genere i compagni ti abbracciano quando segni un gol… beh.. io preferivo far segnare loro ma essere abbracciato lo stesso.” Dopo Bari c’è Roma e la relativa ricchezza, il lusso, Capello che lo ama, Totti che vede il suo erede. Tanti soldi, tante donne, tante belle giocate ma anche tante “Cassanate”. Il gran limite nonchè pregio che ha sempre determinato la genialità nel “Pibe de Bari” è la sua coerenza: Antonio non riesce a restare tra le righe, ad essere una persona normale, ad essere un calciatore come tanti… E allora panchina, gestacci, clamore, amore-odio con la Sud, svogliatezza, situazioni al limite del paradossale. I suoi tanti estimatori sono quasi rassegnati: Cassano sembra non aver voglia di arrivare nell’Olimpo del Calcio, nonostante Dio gli abbia regalato un biglietto per un posto in prima fila. E così Spalletti, reti sensazionali, litigi, ancora Cassanate e dulcis in fundo l’addio a Roma e a Totti, suo idolo e (ormai ex) amico. Come pochi italiani nella storia e come pochi eletti, Fantantonio viene acquistato dal Real Madrid, la squadra più titolata del Mondo, la Storia del Calcio. Come in ogni suo esordio (compreso quello in Nazionale) Antonio si mette in mostra e segna. Sembra si sia accesa una stella, sembra che i sogni di vederlo gareggiare con Ronaldo (quello vero), van Nisterlooy, Beckham, Zidane ecc. possano avverarsi, ma si sa, fare previsioni su di lui è un pò come annientare quel velo di imprevedibilità che, nella vita come in campo, l’ha sempre avvolto sin dai suoi primi passi… anzi palleggi.
A cura di Mirko Panico
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro