Molta festa e poca protesta. Il ritorno della Nazionale a Napoli dopo sette anni si risolve in una calorosa accoglienza e in qualche contestazione. Il momento più atteso, l’esecuzione dell’Inno di Mameli (ad opera della Fanfara del X battaglione Carabinieri di Napoli), piovono prima i fischi subito sommersi dal canto corale di tutto lo stadio fino al boato finale. La vera protesta è andata in scena in vari settori dello stadio, nella curva B e in varie parti dei Distinti con tante maglie nera per l’iniziativa «San Paolo in lutto» organizzato per fare luce sulla questione della “Terra dei fuochi”. “Guerra ai nemici della mia terra” è lo striscione esposto nei Distinti mentre in curva B nell’intervallo appare la scritta «stop al biocidio, noi vogliamo vivere»: entrambi gli striscioni sono stati rimossi dagli stuart per una disposizione della Fifa che impedisce l’esposizione di cartelli di contenuto politico. Una scelta che ha provocato qualche tensione, risolta dopo pochi minuti. Il San Paolo, insomma, accoglie la Nazionale di Prandelli con grande calore ma con poche presenze. Alla fine si contano meno di 25mila spettatori, tra i quali 6mila bambini delle scuole calcio e degli istituti scolastici di Napoli e provincia con biglietti omaggio della Figc. Scolaresche, adolescenti e famiglie con la tribuna Family, praticamente esaurita: quello che la Figc si augurava per avvicinare sempre di più l’Italia di Prandelli alla gente. All’esterno dello stadio il clima non è da evento ma lo sventolìo delle bandiere tricolori è assicurato dalla decina di ambulanti che propongono striscioni, scarpette, trombette e persino creste tricolori. Prima del fischio iniziale lo speakear ricorda il sostegno dell’Italia alla campagna “Everyone” di “Save the children”, per contrastare l’inquietante fenomeno della mortalità infantile: l’applauso del San Paolo è scrosciante e sincero.
Fonte: Il Mattino
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