Francesco Razzino, “bergamasco napoletano”: nato a Bergamo 41 anni fa da padre originario di Carinola, è, da sempre, tifoso azzurro. Altro che napoletani che tifano Juve. Titolare di un’agenzia di assicurazioni, vive a Sorisole, in una casa immersa nei boschi. All’epoca di Maradona il padre lo portava in giro per gli stadi del nord a vedere il Napoli giocare, adesso, con i genitori, segue la squadra in trasferta in Europa, sempre. Racconta che tifare Napoli a Bergamo vuol dire sottostare a sassaiole, lanci di monetine e aggressioni verbali e di essere sempre stato schernito per la passione azzurra sin da piccolo. Il giorno del primo scudetto scese in strada, a Bergamo, per festeggiare. Finì sulle pagine del giornale locale, fotografato avvolto nella bandiera. Il giorno dopo, i suoi compagni di pallanuoto lo buttarono in piscina vestito. Per dirne una. La partita la guarda a casa dei genitori, Pasquale e Mariella. Passa tutta la partita a imprecare contro i fuorigioco fischiati a noi e «a loro mai». Si frega le mani di continuo mentre la tensione si taglia a fette. E poi Callejon. Francesco urla, Pasquale resta impassibile. Mariella si catapulta dalla cucina. Un pensiero al vicino milanista che stasera tifa Napoli perché odia la Juve. Poi Mertens, il grido di Francesco, in cui sono decenni di storia del sud. I messaggi degli amici tifosi delle altre squadre. Solidarietà anti-Juventus. Domani al lavoro a testa alta: «Bergamo è mia».
Fonte: Ilaria Puglia per Il Mattino
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