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Gli abbonamenti e la strategia di De Laurentiis

La mossa per avvicinare lo zoccolo duro del tifo

Una stagione senza abbonati: nel mondo del calcio un evento del genere  non si è mai verificato, eppure l’eclettico Aurelio De Laurentiis ha di nuovo attirato tutte le attenzioni su di sé con una dichiarazione che come al solito, quando si tratta del patron azzurro, oscilla tra il sarcastico e il reale. In città è scattata subito la molla, c’è chi afferma che così il presidente voglia tentare di fare più soldi vendendo soltanto i biglietti di volta in volta e chi crede soltanto ad una provocazione per cercare di aumentare il numero delle tessere che, diciamocela tutta, l’anno scorso ha raggiunto un numero irrisorio se consideriamo la stagione giocata dal Napoli.

Vero che nessun tifoso ha la sfera di cristallo, come è vero che pochi di loro dopo il mercato estivo della passata stagione si aspettavano un’annata simile ma il problema sta proprio qui: quanto si è disposti a “sacrificarsi” sottoscrivendo una tessera a scatola chiusa? Quanto si è disposti a togliere dei soldi dal proprio stipendio dopo che non c’è stato nessun vero e proprio colpo come è accaduto l’estate scorsa? Certo, era arrivato Cavani, ma era andato via Quagliarella ed il tifoso medio, che adesso sa di aver fatto un affare, a suo tempo pensava invece di aver fatto qualche passo indietro nell’avvicendamento tra i due attaccanti. La storia insegna che il tifoso sottoscrive un abbonamento dimostrando fiducia alla società nel momento in cui il mercato ti regala il colpaccio, il campione ed il Nome, quello con la enne maiuscola. Ma il calcio cambia, cambiano gli aspetti finanziari provenienti dalla vendita delle tessere e i soldi, quelli veri, per le società ormai arrivano da altre fonti. De Laurentiis questo lo sa bene e probabilmente, e siamo ovviamente nel limbo di chi sa di poter sbagliare, questa sua dichiarazione un po’ a sorpresa serve ad avvicinare quello zoccolo duro del tifo, quello che davvero da sempre segue la squadra senza se e senza ma, senza pensare a chi veste la maglia azzurra ma piuttosto pensa solo ed esclusivamente a sostenerla quella maglia, quella parte di tifoseria che, nel bene o nel male c’è sempre e che per i motivi che tutti conosciamo non ha alcuna intenzione di diventare parte integrante di quello che loro chiamano “calcio moderno” sottoscrivendo la fatidica tessera del tifoso, pratica propedeutica   -quest’anno più che mai –  all’acquisto dell’abbonamento. Le intenzioni del Presidente, quindi, sono rivolte proprio a loro, a quelli che cantano “no alla tessera” ogni domenica, che possono essere un problema per qualche piano alto del calcio ma che evidentemente sono ancora parte di uno sport che tutto sommato non richiede nulla per essere seguito, se non passione e dedizione, cosa che soltanto loro riescono a dare ogni benedetta (o maledetta, fate vobis) domenica. Aurelio sa che averli dalla sua parte vuol dire comunque assicurarsi il placet ed il benestare di una fetta di tifoseria che non ha molto interesse nel sapere se il prossimo giocatore azzurro sarà Inler o chiunque altro, ma che pensa solo e soltanto ad incitare la squadra e la maglia e che esige rispetto da chiunque sia chiamato a difendere i colori e la città che essi in campo rappresentano, e che si tratta di una fetta importante, storica e determinante della tifoseria napoletana. Lui sa che per loro fare il biglietto ogni domenica non è un problema, visto che l’hanno già fatto per tutta la stagione, sa benissimo che tutti gli altri tifosi seguono la squadra soprattutto nei momenti migliori e allora perché non approfittarne? Con un solo colpo, se la sua dichiarazione di non fare campagna abbonamenti di rivelasse veritiera, si troverebbe con la parte storica del tifo dalla sua parte e con tutta l’altra parte che ben volentieri andrà ogni domenica a comprare il biglietto se il campionato della stagione appena trascorsa venisse quantomeno ripetuto. L’imprenditore – presidente ha capito che se c’è la passione si è disposti a tutto, anche a pagare una quota bisettimanale per il biglietto della propria squadra del cuore ogni volta che quest’ultima gioca in casa, e sinceramente, non ce ne voglia nessuno, ma il ragionamento fila: cinquantamila tagliandi venduti ogni volta non sono certo gli stessi che venderebbe nel caso in cui una parte di essi fosse già “prenotata” dai sottoscrittori della tessera e di conseguenza nemmeno l’incasso sarebbe lo stesso.  Pecunia non olet, Presidente.

Mario De Carlo

 

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