Una vita giocata d’anticipo. O forse in scivolata. Sicuro con il sorriso. Sorridente, ma furbo. Dai rioni di Napoli al tetto del mondo. Ecco sì, il 2006 il suo anno magico, il nostro anno magico.Campioni del Mondo, Cannavaro che alza al cielo la Coppa, l’azzurro sopra Berlino. Poi, nel giro di pochi mesi, anche il Pallone d’oro. Beh, di premi ne ha vinti! Il più bello, forse, l’affetto degli italiani che da quello splendido 9 luglio lo hanno cominciato ad amare.
Fabio nasce a Napoli, nel quartiere Soccavo. E’ il secondogenito di tre fratelli, di cui Paolo il più giovane. Il calcio è la passione di famiglia. Già il papà, Pasquale giocava con il Banco di Roma. Rinuncia alla ‘carriera’ per crescere i figli. Vuole che Fabio si concentri solo sugli studi, ma a scuola le cose non vanno molto bene. Tante insufficienze e un sogno in testa: giocare a pallone. Detto fatto, entra nelle giovanili del Napoli e poco importa dello studio. Perché Fabio quando ha in testa una cosa, se la va a prendere.
A Napoli sono gli anni di Maradona. Il primo incontro tra Diego e Fabio avviene in un’amichevole: prima squadra contro Primavera, nella quale Cannavaro gioca come stopper. Fabio entra in scivolata su Maradona. I commenti a bordo campo vanno dal ‘questo ragazzino ha personalità’ al ‘Tu si’ pazze’ di un dirigente. Diego, invece, apprezza: ‘Bravo, continua così’. Un’investitura niente male! Nel marzo 1993 arriva l’esordio in Serie A, al centro della difesa a fianco del suo idolo e amico di sempre, Ciro Ferrara. Gli azzurri giocano contro la Juventus. Strano il destino, eh? A Napoli arriva ‘un tal’ Marcello Lippi che aveva ben impressionato sulla panchina dell’Atalanta. Fabio ha appena vent’anni, ma l’allenatore viareggino non ha dubbi: gli affida le chiavi della difesa. Nell’estate ’93 lo vuole l’Acireale in prestito, ma Lippi non ci sente. Cannavaro è il suo pupillo.
Preludio all’addio che, poi, arriva puntuale. Voleva restare a Napoli, invece si ritrova al Parma.Comincia dall’Emilia il suo giro d’Italia. Con la maglia gialloblù si afferma definitivamente. Vince anche la Coppa Uefa. La prima chiamata in Nazionale. Il suo compagno di reparto? Beh, semplice ancora Ciro Ferrara. Basta poco tempo a Fabio per diventare un ‘intoccabile’ e per esser richiesto da mezzo mondo. Il telefono squilla, nel 2004. E’ Fabio Capello. Da Fabio a Fabio, una frase precisa: ‘Voglio che vieni alla Juventus’. Saluta l’Inter, si trasferisce a Torino. Vince, tanto per cambiare. Dalla felicità al baratro in poco tempo: sono gli anni di Calciopoli.
Juventus retrocessa in Serie B e Fabio? Prende tempo, prima vuole giocare il Mondiale, poi penserà il futuro. Gioca sette partite su sette. Una roccia, un muro, impenetrabile, imperioso. Perché anche se non hai un numero 10 sulle spalle, la differenza puoi farla lo stesso. Contro la Germania, in semifinale il suo capolavoro. Ruba palla a Podolski e dà il via alla ripartenza azzurra. Al resto ci pensano Totti, Del Piero e Gilardino. La finale contro la Francia, Campioni del Mondo. Fabio alza la Coppa al cielo.
Finito il Mondiale, medita sul suo futuro. Squilla il telefono. E’ ancora Fabio Capello. Lo porta alReal Madrid. Due campionati in bacheca, ancora da protagonista. Poi il ritorno nella sua Juventus. Certi amori non finiscono è vero, ma nulla è mai come la prima volta. A Dubai, esattamente cinque anni dopo dalla vittoria contro la Francia, si conclude la sua splendida carriera.
Fama, vittorie, premi, ma un aspetto del suo carattere non è mai cambiato: l’umiltà. Un combattente nato, come il samurai che si è fatto tatuare sul braccio destro. Un unico rimpianto: non aver chiuso la carriera a Napoli. Perché Fabio ama la sua città. Da qualche anno, insieme all’amico Ciro Ferrara ha dato vita alla Fondazione Cannavaro-Ferrara, un’associazione di volontariato che opera nel napoletano sostenendo progetti sociali a favore dei giovani. Campione dentro e fuori dal campo. Tanti auguri Capitano!
fonte: gianlucadimarzio.com
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