Un blitz al centro sportivo “Green Sport” di Pozzuoli per colloquiare con uno dei protagonisti della prima Coppa Italia vinta dagli azzurri, nel 1976 in finale contro il Verona. Tra emozioni e calcio giocato, tra il ricordo di quella magica esperienza e il presente con l’esperienza da allenatore delle Esordienti della Carpisa Yamamay.
Vuoi raccontare ai nostri lettori la tua carriera calcistica?
“Ho iniziato nella Flegrea all’età di 12 anni e sono rimasto fino all’età di 16 anni, quando era arrivato il passaggio all’Internapoli, che aveva costruito la sua fusione proprio con la vecchia società, approdando in Serie D. Successivamente ho raccolto quattro presenze con l’Under 23 e poi la carriera in Serie A: prima alla Lazio insieme al compianto Giorgio Chinaglia realizzato 31 reti, poi all’Inter e quattro anni al Napoli siglando 24 reti, quindi Avellino e Campania dove ho chiuso la carriera”
Hai avuto la fortuna di conoscere Luis Vinicio. Ci descrivi il personaggio fuori e dentro il campo?
“Oltre Vinicio conobbi Lorenzi nella Lazio e Bob Lovati che è stato colui che mi ha lanciato nel grande calcio. Vinicio? All’epoca era un passionale, una persona seria, sembrava un tedesco e non un brasiliano. Io ho cercato di acquisire alcune sue caratteristiche nella mia carriera in panchina Come tecnico è stato uno dei primi a fare la zona. Quei quattro-cinque anni trascorsi nel Napoli sono stati importantissimi, Vinicio esprimeva un ottimo calcio dimostrando a quei tempi come si poteva giocare”
Vinicio e Mazzarri, noti qualche similitudine?
“Come modulo tattico si, caratterialmente lo stesso temperamento, la stessa voglia, la stessa passione e la volontà di vincere sempre. Ci trasmise a noi calciatori il suo stesso carattere”.
La finale di Coppa Italia vinta contro il Verona nel 1976. Ci racconti le emozioni?
“Vincere da napoletano qualcosa con il Napoli mi trasmise un emozione indescrivibile, perché l’anno precedente eravamo ad un passo dal vincere lo scudetto ma a Torino con la Juventus ci fu il famoso gol di Altafini “core n’grato” (ride n.d.r.), lui fece il suo dovere ma se non avesse segnato avremmo conquistato il tricolore”.
Da allenatore come affronteresti la partita di Coppa Italia contro la Juventus?
“Se il Napoli ha in serata di grazia tutti e tre i suoi attaccanti può mettere in seria difficoltà la compagine bianconera, la Juventus va aggredita per gli interi novanta minuti e se ci riuscisse avrebbe ottime possibilità di vincere la Coppa Italia”.
Ci racconti la tua carriera una volta appese le scarpe al chiodo?
“Ho allenato per 12 anni nel settore giovanile del Napoli per 12 anni, fui chiamato da Rosario Rivellino”
Che sensazioni hai provato nel passare dalla guida tecnica dei ragazzi a quella delle ragazze?
“Mi sono trovato per puro caso ad allenare le ragazze, portai mia figlia a giocare e i dirigenti della Carpisa Yamamay mi hanno voluto coinvolgere come tecnico. E’ difficile allenare le ragazze perché non è semplice farle passare dal divertimento al gioco vero e proprio con gli allenamenti seri, gli schemi di gioco, si deve considerare che vista l’età che anno (classe’98), ti rendi conto che è anche giusto che concepiscono il calcio innanzitutto come passatempo. Quindi, si deve far capire loro che il calcio è una cosa seria, se non lo interpretano così meglio rimanere a casa e studiare di più”.
Tra le Esordienti c’è qualche promessa per le categorie superiori?
“Ce ne sono sicuramente sette/otto, anche se veramente tutte sono valide dal punto di vista tecnico, devono migliorare solamente riguardo all’aspetto tattico. Se mi seguono le porterò a migliorarsi, io lo faccio con molta passione, ho iniziato nel settore giovanile della Flegrea con Nicola D’Alessio ed ora continuo con la stessa voglia allenando queste ragazze”.
A cura di Alessandro Sacco
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