Sopra un pallone che rotola c’è quasi sempre un disegno, una macchinazione architettata dal destino, a volte capace di regalare immense gioie, altre di privare crudelmente una squadra o un Paese intero di un traguardo sportivo, ma anche di qualcosa in più. La storia del Dnipro in questa edizione di Europa League sembra la trama di un film giallo dove il delitto, il peccato originale si è, però, consumato in una fredda sera di dicembre del 2014.
LE PREMESSE – Riavvolgiamo il nastro all’11 dicembre scorso. Il Qarabag ospita l’Inter nell’ultima gara del girone F di qualificazione. La formazione di Agdam, la città fantasma più grande del mondo, abbandonata dopo la guerra del Nagorno Karabakh, è una squadra in esilio da vent’anni, costretta a lasciare la propria terra che è un deserto di case bombardate, chiese e moschee distrutte. L’occasione per assaporare un piccolo riscatto – sportivo, ma pur sempre significativo in quanto storico – è dietro l’angolo: peccato che il fato abbia già deciso che i tifosi della città fantasma debbano essere defraudati della qualificazione fantasma più evidente degli ultimi decenni di Coppe europee.
IL “FATTACCIO” – L’Inter è qualificata e sicura del primo posto. Roberto Mancini decide quindi di schierare una formazione imbottita di riserve e di giovani. La gara è brutta, ma al 94’ – nell’ultimo istante del match – si assiste all’episodio che stravolgerà gli scenari dell’Europa League 2014-2015: Richard Almeida calcia in porta, trova la deviazione di Donkor e batte Carrizo. Andreolli si mette le mani nei capelli conscio che la frittata è ormai fatta, i giocatori del Qarabag si abbracciano, il pubblico del Tofik Bakhramov Stadium esulta, si scatena e per alcuni secondi libera una gioia incontenibile. All’improvviso, però, ci si accorge che è successo qualcosa di anomalo: l’arbitro Zelinka, direttore di gara ceco, ha appena annullato il gol su segnalazione dell’assistente connazionale Pelikan. Il motivo? Il presunto fuorigioco di George. Peccato che il pallone l’abbia toccato Donkor e se ne siano accorti tutti. O quasi. Tra lo sgomento generale – giocatori dell’Inter compresi – Zelinka fischia la fine della partita in un’atmosfera surreale.
LA REAZIONE – Un mix di fischi e frustrazione accompagna il team arbitrale negli spogliatoi. La classifica del girone F, in quel secondo, si è trasformata da Inter 11-Qarabag 8-Dnipro 7-Saint-Etienne 5 a Inter 12-Dnipro 7-Qarabag 6-Saint-Etienne 5. Gli azeri vengono eliminati dalla competizione mentre il Dnipro si qualifica ai sedicesimi. Non finisce qui perché a quel “Qoooooool” del profilo Twitter ufficiale del club fa seguito una sorta di crociata. Quando la Uefa pubblica on line l’abbinamento tra Dnipro e Olympiakos, il club bianconero, considerando illegittima la presenza degli ucraini, replica immediatamente con l’hashtag Justice for Garabagh (dizione corretta nella lingua locale, ndr). Il vicepresidente Tahir Gozel scrive una lettera alla Uefa in cui afferma di essere disposto ad andare a Nyon per difendere la causa della sua società, confrontandosi con il direttore delle competizioni sportive, Giorgio Marchetti. Ma il verdetto del campo non può essere toccato.
LA CAMPAGNA – Il tema sensibilizza molti appassionati, anche neutrali. Si diffonde in giro per l’Europa una campagna che raccoglie decine di migliaia di sostenitori per la petizione on line “giustizia per il Qarabag” (Give us justice of Garabagh). I promotori dell’iniziativa ringraziano gli stessi tifosi dell’Inter che solidarizzano con loro e contro l’ingiustizia. Il destinatario è Platini: “Nel nostro Paese è pieno di spettatori che adorano Champions ed Europa League – si legge nel documento – ma questi eventi rischiano di far venire meno il rispetto nei confronti del mondo del calcio. Per questo motivo vogliamo che il nostro gol venga considerato valido. Tutto quello che chiediamo è giustizia”. Firmato “tifosi che vogliono fairplay”.
Il Qarabag ha potuto raccogliere solo simpatie e consensi mentre il Dnipro ha proseguito la sua marcia che l’ha visto via via eliminare Olympiakos, Ajax, Club Brugge e Napoli. Dopo la gara del San Paolo, gli azeri hanno difeso i napoletani al grido “non è il primo scandalo”. Alcuni ricordano che la Danimarca, anche se per circostanze ben diverse (la guerra in ex Jugoslavia non permise alla nazionale regolarmente qualificata di partecipare agli Europei del 1992, ndr), fu ripescata a dieci giorni dalla prima partita per poi toccare il cielo con un dito con il trionfo in Svezia. Al Siviglia il compito di sovvertire i piani del destino.
Fonte: Eurosport
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