Si dice che dietro ogni grande impresa ci sia una formula magica, un qualcosa di speciale tale da rendere ‘unica’ l’impresa stessa. E’ un po’ quello che succede a Torrecuso, dove un gruppo di giocatori ‘normali’, che ad agosto addetti ai lavori e non davano che per candidato ad un tranquillo piazzamento da centro classifica, sta facendo parlare di sé per i successi che, di domenica in domenica, raccoglie. “Il segreto? Ci sono tante componenti: siamo un gruppo unito, lavoriamo bene in settimana e riusciamo ad unire momenti di divertimento tra di noi ad altri di grande serietà. Nessuno si risparmia, né quando c’è da fare allenamento né quando c’è da scendere in campo di domenica. Il mister, cui dobbiamo questo spirito, ci dice sempre di continuare così e noi facciamo il possibile. L’ambiente poi, quello ci aiuta un sacco: la Città è molto tranquilla, siamo sereni e non abbiamo pressioni particolari.” Parola di Ndiaga Wade, che con Achille Aracri compone una delle coppie di centrocampisti centrali meglio assortite del girone I e, perché no, di tutta la D.
Ma chi è Ndiaga Wade? Quest’omaccione con le spalle larghe, centrocampista centrale moderno e fortissimo di testa di strada ne ha fatta, e come: partito da Mbour, a sud-est di Dakar, Ndiaga arriva in Europa giovanissimo, a quindici anni. “Come tanti bambini di tutto il Mondo, sono nato con la passione per questo sport. Avere una palla tra i piedi mi ha sempre reso felice e così, da piccolissimo, iniziai a giocare nella mia Città in Senegal. Lì non c’erano vere e proprie squadre ma ci si sfidava in tornei tra ragazzi di quel quartiere contro ragazzi di quell’altro. Lì la mia passione crebbe ed io decisi che quella sarebbe stata la mia vita.” All’inizio, Ndiaga non ha potuto contare sull’apporto della sua famiglia, che avrebbe preferito vedere il ragazzo continuare negli studi: “Certo, per un genitore è difficile accettare che un figlio possa rischiare a tal punto. In Senegal, poi, i tempi non erano dei migliori. Dal mio canto ce l’ho messa tutta ed oggi posso contare sull’apporto dei miei: il calcio mi permette di vivere in maniera decorosa e, perché no, quando serve aiutare anche la mia famiglia lontana.”
Era inverno quando Ndiaga lasciò l’Africa per la “fredda Europa”. Un amico lo portò in Francia, sponda Strasburgo: “Feci un provino con il Racing, allora il Ligue 1, ma non andò bene: faceva troppo freddo! Stetti un po’ di tempo lì, ma non riuscivo ad esprimermi: ero molto giovane e quello mi sembrava un altro universo rispetto alla mia calda Africa.” Il clima africano (e non parliamo solo del meteo), si sa, è forse irriproducibile nel resto del Mondo, specie in Europa, ma l’Italia è il Paese più vicino alle sponde nordafricane, e non solo da una mera accezione geografica. Così un amico, beati amici, porta Ndiaga in Sardegna. “In Italia le cose andarono piuttosto bene: mi allenavo col sorriso ed iniziai col Villacidrese, in C2. Purtroppo, però, sappiamo come siano districate le vie della burocrazie e, aspettando il transfer, passai un anno senza giocare.” Dopo la Villacidrese, un’altra esperienza in Sardegna, al Progetto Sant’Elia prima di approdare a Venafro, Lazio, sulla terra ferma. Lì Wade fa tante amicizie e comincia a farsi apprezzare dentro e fuori dal campo.
Dopo Venafro (due stagioni), l’Agnonese prima di approdare a Torrecuso. “Anche qui ho tanti amici, uno su tutti il grande Diego Zerillo, la Lince. Mi trovo bene con tutti e mi diverto: riesco ad esprimere la mia solarità. La mia vita fuori dal campo? Mi piace divertirmi con gli amici e mia moglie Raffaella, conosciuta a Roma e con cui sono sposato dal 2009. Non amo andare a serate o fare pazzie, preferisco fare un giro, visitare, fare due chiacchiere e circondarmi delle persone a cui tengo. Amo la famiglia.”E lo splendido sorriso di Wade è eloquente. Sorriso che si apre ulteriormente quando parla della sua Africa: “Lì ho lasciato tanti amici e conosciuto tanti ragazzi che, come me, avevano il sogno di giocare a pallone. Ricordo due in particolare N’Dyae e Babacar, che avrei scommesso ce l’avrebbero fatta. Ora giocano in Interregionale in Francia, ma da due come loro, con le loro qualità, mi aspettavo i palcoscenici più importanti. Cosa direi ad un ragazzo che parte da Mbour come me? Di crederci e di venire in Europa d’estate, sennò è traumatico (ride ndr). Nella vita nulla è dato per niente: ci vuole sacrificio, perseveranza. Nel calcio così come in qualsiasi altra cosa. Se uno sa di poter puntare sulle sue qualità calcistiche e sulla sua passione, allora deve provarci finché ce ne ha. Il mondo del calcio è molto strano: servono botte di fortuna ed incontri giusti, ma se semini e semini, prima o poi raccogli.”
E il suo sorriso, sempre quello, dev’essere da sprone a molti di noi: passione, vitalità e voglia di fare sono gli ingredienti base della vita e le ricette ‘magiche’ di ogni grande successo, ad ogni latitudine, che si tratti di bimbi neri con gli occhi speranzosi e le scarpe rotte o piccolo facoltosi snob con il vizio dietro l’angolo. Auguri, Torrecuso e, soprattutto, auguri grande Ndiaga Wade.
Fonte: Mirko Panico per Campaniagol.it
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