ROMA Altre tre settimane di stop. L’Italia rimarrà chiusa fino al 3 maggio. Oggi il premier Giuseppe Conte annuncerà l’ennesimo Dpcm per contrastare il coronavirus: il lockdown sarà prorogato. Ci saranno pochissime deroghe. Apriranno le imprese delle filiere legate all’agroalimentare, alla farmaceutica e alla meccanica. E poi tireranno su le saracinesche le cartolibrerie e le librerie. Sempre con l’obbligo di rispettare le misure di prevenzione e distanziamento sociale. A partire dalle mascherine e dai guanti.
Il codice Ateco verrà dunque leggermente ampliato. «Ma i cittadini quasi non dovranno accorgersene», dicono dal ministero della Salute guidato da Roberto Speranza. La fase due ipotizzata a partire dal 14 aprile slitta. Dopo le feste di Pasqua non cambierà nulla per altri 21 giorni.
L’IPOTESI
Come ripartirà il Paese a partire dal 4 maggio? Molto dipenderà dalla curva dell’epidemia, dall’indice R0 di contagio. Sul tavolo del governo c’è la possibilità che la ripartenza delle attività produttive e commerciali sia gestita e scaglionata a seconda dei territori. In questo caso sarebbero i prefetti a dire quale azienda riaccendere e quale no. La fase due sarà anche vincolata dai passi in avanti ottenuti nel frattempo per monitorare il virus. Dalle app allo screening di massa. Di sicuro il momento della «convivenza con il coronavirus», per citare le parole di Conte, si allontana. Il distanziamento sociale farà parte della vita di tutti: dai mezzi pubblici ai posti di lavoro, passando per i negozi.
«Al momento non siamo nelle condizioni di riaprire le attività produttive», ha ripetuto Conte durante il valzer di videoconferenze avute ieri con sindacati, governatori e sindaci. «Rischieremmo di far risalire la curva dei contagi – è stato il ragionamento del premier – e di vanificare i risultati che abbiamo ottenuto con le misure messe in atto dal governo».
Alla fine Palazzo Chigi ha deciso di arrivare al 3 maggio per inglobare anche il ponte della festa dei lavoratori. Un’altra data a rischio assembramenti. La linea tracciata dal Viminale per le feste di Pasqua sarà confermate anche per altre due ricorrenze: tolleranza zero, tutti a casa.
Il premier, inoltre, ha spiegato che si potrebbe valutare qualche mirato ampliamento dei codici Ateco esclusi dalle restrizioni ma «cum grano salis».
Anche in questo caso la gestione di eventuali eccezioni sarà in capo ai rappresentati del governo sui territori: i prefetti. A loro l’ultima parola e, soprattutto, l’onere dei controlli.
Ma saranno goccioline in un oceano che non si muove. La linea del rigore continua ad avere la meglio, come auspicato dal comitato tecnico scientifico e da Speranza.
La paura di una seconda ondata di contagi ha spinto l’esecutivo giallorosso sulla strada della «massima cautela».
Costi quel che costi. Anche dal punto di vista economico. Un concetto spiegato dal ministro delle Autonomie Francesco Boccia: «Abbiamo le idee chiare: dobbiamo mette in sicurezza la salute degli italiani». Una risposta, quella dell’esponente del Pd, al pressing di Confindustria che da giorni spinge per riattivare le fabbriche al Nord, e anche a Matteo Renzi, leader di Iv, a favore di una veloce fase 2. Che però non si vedrà così presto. Una decisione nell’aria da almeno 24 ore diventa realtà dopo il vertice tra i sindacati e il premier. A dare l’annuncio della nuova stretta è Carmelo Barbagallo, numero uno della Uil: «Il presidente ci ha detto che non ci sono ancora le condizioni per riaprire».
In serata si sparge anche la voce di una nuova conferenza stampa di Conte per annunciare le misure prorogate. Ma alla fine Palazzo Chigi preferisce continuare il giro di consultazioni con gli enti locali, rinviando così l’annuncio a oggi. «La discesa è lunga non è ora di rallentare», ha spiegato il presidente del Consiglio superiore della sanità, Franco Locatelli. Che boccia anche l’ipotesi di riaperture scaglionate per regioni: «Sarebbe un errore». Altro fronte sta per aprirsi. Ma se ne riparlerà dopo il 3 maggio.
Fonte: ilmattino.it
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