Coprifuoco alla francese, con i cittadini chiusi in casa dalle 21 alle prime luci del giorno? O all’italiana, che scatterebbe alle 22 per locali, bar e ristoranti? È il dilemma che ha agitato la giornata e la notte di Palazzo Chigi, dove i capi delegazione dei partiti hanno discusso con il premier Giuseppe Conte le nuove misure per contrastare la corsa del virus. Con diecimila contagi in un giorno, il Dpcm firmato quattro giorni fa è già decrepito ed entro lunedì ce ne sarà uno nuovo. Conte è preoccupato per la seconda ondata e si è convinto che servano regole più dure, ma al tempo stesso «proporzionate». Riconosce che «i cittadini sono stanchi» e vuole trovare «una strategia diversa, che non prevede più il lockdown», ma chiusure localizzate. A Genova, intervistato da Lucio Caracciolo al festival di Limes, il premier ha detto che la serrata totale del Paese «è per chi non è attrezzato» e che presto, lui ci spera, l’Europa sarà in grado di «inondare» i sistemi sanitari con «200, o 300 milioni di dosi di vaccino».
Le ipotesi sul tavolo
Nell’attesa, bisogna decidere. E il luogo è il vertice notturno voluto dal Pd e iniziato alle due di mattina. Alfonso Bonafede ci arriva prudente, Teresa Bellanova porta al tavolo la convinzione dei renziani che «con il virus dobbiamo imparare a convivere», mentre Dario Franceschini e Roberto Speranza si battono per la linea dura. «La situazione è seria», invoca il rispetto delle regole il ministro della Salute. Ma il coprifuoco alle 22 sostenuto dai ministri più intransigenti non convince del tutto Conte, per via del forte impatto economico della misura. E se pure nel governo si ipotizza un lockdown parziale nei week end, il premier cerca altre strade per limitare gli assembramenti. Restringere ancora gli orari di bar, locali e ristoranti e la vendita di alcolici dopo una certa ora, per contrastare la movida. E rendere obbligatorio lo smart working fino al 70 per cento per la pubblica amministrazione, così da alleggerire il trasporto pubblico locale che si sta rivelando ad altissimo rischio di contagio.
Le attività sportive
Un’altra misura probabile è la stretta sugli sport da contatto, di base e a livello agonistico, gestiti dalle società dilettantistiche, con l’alt ad allenamenti e partite come il calcetto e il basket. Un sacrificio che consentirebbe di tenere aperte le scuole. In discussione anche lo stop a piscine, palestre e circoli, la stretta su eventi e manifestazioni pubbliche, la serrata provvisoria dei negozi non essenziali e delle sale gioco. In Piemonte il presidente Alberto Cirio ha disposto da domani la chiusura notturna di tutte le attività commerciali, farmacie escluse.
Il nodo della scuola
Su una cosa Conte, capi delegazione e ministri concordano ed è la necessità di tenere aperte le scuole. Il sospetto nel governo, soprattutto tra i 5 Stelle, è che le Regioni stiano premendo per la didattica a distanza «perché non hanno saputo gestire trasporti e tamponi». Alle superiori la possibilità di studiare da casa in digitale è già prevista e Lucia Azzolina è contraria a una misura generalizzata. La ministra dell’Istruzione si oppone all’ipotesi di mandare a casa classi intere dei licei, o di tornare alla didattica digitale per tutti. La mediazione possibile è lo scaglionamento degli orari di ingresso consigliato dal Cts e rilanciato dal presidente Anci Antonio Decaro, per diminuire l’affollamento sugli autobus. L’urgenza è evitare assembramenti e il M5S chiede che sia il governo a decidere se diminuire o no la capienza dei mezzi al 50 per cento.
Fonte: corriere.it
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