Persino Thierry Henry lo aveva avvertito di comportarsi bene e di non dire nulla di sconveniente, visto che non capita certo tutti i giorni che una squadra di calcio venga invitata dalla Regina a Buckingham Palace. Nel 2007 l’onore venne riservato all’Arsenal ed Emmanuel Eboué aveva tutte le intenzioni di fare il bravo, ma i cagnolini di Sua Maestà gli fecero dimenticare tutti i suoi buoni propositi. “La Regina aveva appena finito di stringere la mano a tutti noi giocatori e stava andando via, ma quando ho visto tutti quei corgis le ho detto ‘Signora, Signora’, così è tornata indietro e mi ha chiesto come stavo, al che le ho risposto ‘sto bene, grazie, ma per favore non voglio più essere un calciatore, voglio prendermi cura dei suoi cani, portarli fuori per la passeggiata, lavarli, dar loro da mangiare e diventare un dog-sitter. A quel punto la Regina è scoppiata a ridere e con lei anche il Principe Filippo e il resto della squadra”. Quel ricordo è stato però l’unico momento felice della lunga intervista che l’ex Gunners ha rilasciato al Telegraph, perché l’anno di stop inflittogli dalla Fifa per la storia dei mancati pagamenti al suo agente, Sebastien Boisseau, in relazione al trasferimento dall’Arsenal al Galatasaray nel 2011, e il conseguente licenziamento del Sunderland dopo appena 22 giorni si stanno rivelando più duri da sopportare di quanto il 33enne terzino avrebbe mai potuto immaginare.
HO PENSATO DI UCCIDERMI — “Quando vado a vedere mio figlio Mathis nell’academy dell’Arsenal, c’è sempre qualcuno che mi chiede cosa stia succedendo o se ho smesso di giocare a calcio – spiega infatti Eboué -, così sono costretto tutte le volte a spiegare la situazione e questo non fa che aumentare la mia depressione. Le persone che mi conoscono capiscono solo guardandomi in faccia che non sono felice e che non sto attraversando un buon momento, perché questo è davvero il punto più basso della mia carriera”. E aver perso in ottobre prima l’adorato nonno Amadou Bertin per un cancro alla prostata e poi il fratello N’Dri Serge per un incidente in moto non lo ha di certo aiutato. “Ci sono parecchi giorni in cui non ho nemmeno la forza di uscire dal letto – ammette l’ivoriano – e in un’occasione volevo anche farla finita, ma il pensiero della mia famiglia mi ha trattenuto. Se fossi stato da solo, ho paura di quello che avrei potuto fare a me stesso, ma devo pensare a mia moglie e ai miei tre figli e devo rimanere forte per loro”.
Fonte: gazzetta.it
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