C’è soddisfazione, ma anche una buona dose di rammarico da parte del procuratore Giovandomenico Lepore. Soddisfazione per un dispositivo che conferma l’impianto accusatorio («calciopoli esiste eccome, non è una invenzione nostra»), ma anche paio di buone ragioni per non gioire più di tanto. Spiega il procuratore Lepore:
«Al di là del successo giudiziario, il sistema calcio non si è pulito al suo interno, né ha colto l’occasione per sviluppare quegli anticorpi contro un altro sistema come quello organizzato da Moggi».
Procuratore, a cosa si riferisce?
«Purtroppo abbiamo altre indagini sul mondo del calcio – ormai non è un mistero – stiamo conducendo un’indagine su un sistema di scommesse di alto livello e abbiamo la sensazione che dal 2004 ad oggi, in fondo, non sia cambiato granché».
Ancora frodi e combine a danno dei milioni di appassionati che seguono il calcio?
«La sensazione è questa, non posso aggiungere altro, le indagini diranno che sta accadendo».
Eppure, nel 2006, all’epoca dei primi avvisi di garanzia, ci fu un asse solido con gli organi federali.
«Lo ricordo eccome, all’epoca le premesse per ripulire il calcio anche dal suo interno c’erano tutte. Incontrammo colleghi del calibro di Rossi e Borrelli, però i risultati macinati dalla Federcalcio furono minori rispetto alle attese iniziali. Lo dico pensando anche a quanto è stato difficile chiudere le indagini e arrivare a una sentenza di primo grado».
A cosa si riferisce?
«Purtroppo anche la storia di calciopoli ci insegna che quando si alza il tiro delle inchieste arrivano fughe di notizia ad orologeria e funzionali a proteggere il sistema. Ricordo la primavera del 2006, in pochi giorni furono date alle stampe le informative dei carabinieri. Invece di indagare sotto segreto istruttorio, siamo stati costretti a rincorrere soffiate ad arte. Se non fosse avvenuto tutto ciò, avremmo ottenuto molto di più, magari riuscendo a ripulire realmente un mondo che resta legato a regole o codici di omertà e chiusura interna».
In questi anni siete stati accusati di aver indagato in una sola direzione: solo contro i dirigenti juventini, magari trascurando tracce o intercettazioni trascritte solo in un secondo momento.
«A Napoli si è lavorato con onestà e professionalità. Lo dico pensando ai colleghi Filippo Beatrice, Stefano Capuano e Giuseppe Narducci, che hanno iniziato e portato a termine un processo scandito da fughe di notizia, attacchi esterni e qualche incomprensione iniziale con i giudici. La nostra impostazione era valida, oggi abbiamo una conferma».
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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