“Partiamo da un presupposto. A 14-15 anni, Andrea non era un fenomeno…”. Una sentenza, sì. Ma ribaltata col lavoro sul campo. Andrea Belotti ha stupito tutti, ieri sera i primi due gol all’esordio da titolare in Serie A. Una carriera vissuta all’Albinoleffe, tra settore giovanile e Prima Squadra. Poi, il biglietto aereo e la valigia pronta destinazione Palermo. Storia di un anno fa. Eppure, dopo il provino non superato con l’Atalanta a 14 anni, anche con l’Albinoleffe la storia d’amore poteva interrompersi. “Andrea – racconta Roberto Galletti aGianlucaDiMarzio.com – lo ricordo benissimo, eccome. L’ho allenato nella sua parentesi con gli Allievi Nazionali dell’Albinoleffe. Lui, classe 1993, si allenava con i ’92 perché in quel periodo l’Albinoleffe decise di attuare un progetto biennale. Andrea però giocò poco, non convinceva. Tanto che la società decise di mandarlo via con altri classe 1993…”.
E poi?
“Parlai con la società. E riuscii ad ottenere una proroga di sei mesi. Credevo in Andrea, si allenava tutti i giorni come un matto. Aveva voglia di sudare, lavorare, arrivare. Però… Non era un talento, ecco. Giocavamo contro Inter, Milan: si vedeva che c’erano calciatori con altra qualità”.
Lei parlò con Andrea dopo aver appreso la decisione della società?
“Sì, parlai con lui e con gli altri ragazzi. E dissi chiaramente loro che c’era la possibilità che venissero ceduti. Andrea avrebbe potuto demoralizzarsi, invece fu lì che scatto la molla decisiva: si è preso sul campo quello che voleva, col lavoro di tutti i giorni”.
Lo schierava da attaccante centrale o da esterno?
“Per alcune partite decisi di schierarlo da esterno, così da togliergli pressione. Per l’attaccante il gol è tutto ed Andrea è sempre stato un attaccante. Però durante gli allenamenti mi dimostrava di avere qualità fisiche importanti, anche da attaccante esterno poteva – ed ha – reso. Questo che gli ha permesso di confermarsi all’Albinoleffe. E poi c’è un altro elemento importante nella sua carriera”.
Prego…
“La famiglia. Quando compiva gli anni, in dicembre, i genitori organizzavano una festicciola al campo d’allenamento. Portavano torte, panini, salame. Gente comune, con dei valori veri”.
La svolta quando è arrivata?
“A Brescia. Per me era una gara importante a livello personale, Andrea segnò una doppietta. E lì stregò anche il suo attuale procuratore, al quale spiegai il processo di crescita di quegli anni. L’ho sempre seguito. Nell’esordio in C, in quello in B e anche ieri sera all’esordio da titolare in A. Può arrivare anche in Nazionale”.
Lo ha più sentito?
“Sì, lo chiamo spesso. E gli ricordo sempre quell’episodio che abbiamo vissuto insieme all’Albinoleffe. Andrea non ha paura, arriverà in alto”.
La doppietta al Napoli è solo l’inizio. Belotti, il ragazzino diventato fenomeno, non vuole fermarsi.
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