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Altro che tradimento: c’è una spiegazione logica dietro all’addio di Donnarumma al Milan

Altro che tradimento da parte di Donnarumma. C’è una spiegazione perfettamente logica alla scelta del portiere e di Raiola.

Altro che tradimento da parte di Gianluigi Donnarumma. C’è una spiegazione perfettamente logica alla scelta del portiere e del suo procuratore Mino Raiola. Una verità che però ai tifosi rossoneri nessuno ha raccontato…

Tutto parte dalla vendita del Milan, vendita che potremmo definire “irrituale”. Dopo mesi di estenuanti trattative, la differenza tra domanda (Fininvest) e offerta (cinesi) è di 300 milioni di euro, ovvero il prezzo di vendita dell’Inter.

Panico: se salta l’affare il Milan tornerebbe in mano a Fininvest, che è sotto attacco su più fronti (rischia l’opa ostile di Vivendi su Mediaset) e non può assolutamente permettersi di farsi carico di una società di calcio che perde 9 milioni di euro al mese a fronte di risultati sportivi disastrosi. Fininvest, allora, chiama gli americani di Elliott, legati a Goldman Sachs, che anticipano i 300 milioni di euro ai cinesi, i quali si impegnano a restituire la cifra in 1 anno.

Già qui siamo in un territorio non chiaro. I club europei non possono indebitarsi oltre una certa cifra per effetto del “fair play” finanziario voluto dall’UEFA, che infatti chiede subito chiarimenti. Siamo a marzo/aprile, quando Mino Raiola dice che “i cinesi han già fatto una figura di merda”. La figura di merda è questa, l’aver comprato a debito – e che debito. Non basta: il piano finanziario portato dal Milan all’Uefa in quel di Nyon è abbastanza surreale. Alla voce ricavi è presente un +200 milioni di euro motivato da “incassi dal mercato asiatico” senza ulteriori spiegazioni. Per fare un esempio, il Real Madrid, il club più solido del mondo, incassa 180 milioni dal mercato asiatico e non si capisce come il Milan, in un anno, potrebbe superarlo.

Non basta: la UEFA nota che nello stesso piano, Fassone ha inserito i ricavi dalla partecipazione alla Champion’s League 2018-2019, qualificazione che il Milan non ha ancora ottenuto essendo che la stagione sportiva 2017-2018 non e’ neppure cominciata. Il piano finanziario del Milan è quindi respinto in attesa di “chiarimenti”.

In questo quadro, Mino Raiola si presenta in via Aldo Rossi, sede del Milan, e chiede che a prescindere dall’ingaggio di Donnarumma, che giocatore e procuratore accettano, nel contratto sia inserita una clausola che permetta al calciatore di svincolarsi a costo ragionevole qualora la situazione societaria del Milan dovesse precipitare. Se, infatti, il piano finanziario non dovesse essere approvato, il Milan avrebbe il mercato bloccato. Se allo scadere di giugno 2018 il gruppo Elliott non dovesse tornare in possesso dei 300 milioni di euro di cui è in credito, il Milan diventerebbe di proprietà di Elliott e il suo futuro sarebbe o il fallimento o la liquidazione. Raiola fa, insomma, una richiesta assolutamente ragionevole a cui la società, nella persona di Fassone, risponde picche. Si arriva così alla rottura annunciata di ieri.

Questi i fatti. Ciascuno può farsi la propria opinione sulle responsabilità. Ma come al solito dei fatti non si parla, e di nuovo i giornali hanno costruito il melodramma all’italiana con il bacio alla maglia, le ragioni del cuore, il procuratore cattivo e il ragazzo ingenuo, il professionismo e le bandiere che non ci sono più.

Siamo, e rimarremo sempre, una infinita commedia dell’arte.

Fonte: affaritaliani.it

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