Ero solo un ragazzino di appena 9/10 anni quando, accompagnato da papà, seguivo, prima al PalaVesuvio, poi al PalaBleu di Monteruscello, le gesta sportive della Pallacanestro Napoli. La passione per la palla a spicchi espressa al massimo nelle domeniche in cui c’erano da sostenere dei colori, mi rendeva felice. Sembra essere trascorso pochissimo tempo da quando una corsara Di Nola Napoli espugnava il PalaBigi di Reggio Emilia in gara 5 di finale playoff, conquistando la promozione in Lega A. Una Lega A inseguita e raggiunta, poi disputata con il marchio Pompea. Tre anni di grande basket per la città di Napoli che sotto la guida di coach Andrea Mazzon riuscì a sedersi al tavolo delle grandi, conquistando in tutte e tre le annate i playoff scudetto. Erano gli anni dei vari Jones, Penberthy, Allen, Torres, Davison… Ed ecco, nella stagione 2005/2006 la rivoluzione per la palla a spicchi azzurra: una società completamente rinnovata sia dal punto di vista dirigenziale, che dal punto di vista tecnico. Poche conferme. Tante novità. Anche nel main sponsor. Arrivò Carpisa. Un’annata che in tanti ricorderanno per la conquista della Coppa Italia e per lo splendido campionato disputato da Lynn Greer e compagni guidati da un impeccabile Piero Bucchi. E’ stato forse quello il momento più alto del basket napoletano degli ultimi dieci anni a cui si aggiunge anche la qualificazione all’Eurolega. Dagli anni dell’Eldo Napoli, poi, è stato un continuo decadere per il basket in questa città.
Sono le ore 21 circa di Lunedì 22 Ottobre 2012, quando vengo a conoscenza del fallimento, l’ennesimo, per il Napoli Basket. Una mazzata. Un’altra di quelle che fanno male. E’ vero, la notizia era ormai nell’aria. Ma da inguaribile ottimista quale sono credevo ancora in una fiammata. Credevo in una risposta da parte di qualche imprenditore con il senso d’appartenenza, non tanto alla pallacanestro, quanto alla Città di Napoli. E invece no. Arriva l’ennesima delusione, l’ennesimo tradimento per i tifosi che avevano creduto in questa società, pur non avendo certezze. Certezze mai espresse da questa società.
Bisogna ritornare al 3 Agosto, giorno della conferenza stampa che sancì l’unione di Napoli Basketball e Pallacanestro Sant’Antimo. Al tavolo, in ordine da sinistra verso destra, Calise, Minopoli e Cesaro. Tutto lasciava pensare in una vera unione. Non erano sensazioni positive, ma proprio le dichiarazioni rilasciate dai protagonisti a confermarlo: “Tengo a precisare che noi non abbiamo tradito Sant’Antimo. Anzi, abbiamo dato maggiore forza al nostro progetto con gli amici del Napoli Basketball. Insieme abbiamo ritrovato un entusiasmo tale da trasferirci a Napoli. Io resterò molto volentieri in società”. Queste le parole di Aniello Cesaro che, tra l’altro, promise il suo massimo impegno anche per la riapertura del Mario Argento. Parole che di sicuro non lasciavano credere in un suo defilamento da questa realtà. “Con Cesaro è stato sempre un parlare costruttivo. Abbiamo lavorato fortemente 24 ore al giorno. Aniello voleva lasciare in un primo momento, ma incontrandoci abbiamo ritrovato insieme l’entusiasmo necessario”. “Calise non sarà nello staff dirigenziale. Non è un’esclusione ad personam. Sarà sempre una risorsa della società”. Queste, invece, le dichiarazioni di Antonio Minopoli. Cosa traspare da tutto questo? Coesione, squadra, interessi comuni, sinergia. Ed invece nulla di tutto questo a livello pratico. Semmai il contrario. Minopoli è rimasto da solo al comando di questa società. Cesaro si è allontanato limitandosi a trasferire solo il titolo da Sant’Antimo a Napoli. Salvatore Calise non è mai stato considerato effettivamente una risorsa della società, ma è stato tagliato fuori completamente. Un errore di cui la nostra redazione già scrisse qualche tempo fa.
La cosa che si deve contestare a questa società, oramai sparita dal campionato di Legadue, è dunque una chiarezza che non c’è mai stata. Quella conferenza stampa di certo non ha messo le cose in chiaro, ma le ha presentate in modo del tutto fasullo lasciando trasparire ben altro che la verità. Si è giocato sulla passione dei tifosi, traditi per l’ennesima volta. Da Maione a Minopoli, passando per Papalia e Cirillo: cambiano gli interpreti, ma non la storia.
E’ pur vero, tuttavia, che questi personaggi hanno avuto destini comuni. Tutti sono stati lasciati soli, nessuno ha avuto l’onore di ospitare all’interno delle rispettive società altre forze imprenditoriali. Da sempre c’è stata indifferenza verso il movimento cestistico partenopeo. Un’indifferenza inconcepibile se si pensa alla categoria di prestigio che quest’anno si apprestava a parteciparvi il Nuovo Napoli Basket. Un’indifferenza che fa ancor più rumore se si pensa alle cifre economiche necessarie per sostenere un campionato di LegaDue. Agli atti Napoli è stata esclusa dal campionato per un mancato pagamento di 33mila euro. E’ vero, c’è una crisi generale in cui è immersa anche la palla a spicchi, ma quanti soldi girano, ad esempio, attorno al calcio. Un modestissimo calciatore di Serie A non guadagna meno di 100/200mila euro a stagione, cifre che avrebbero permesso un campionato sereno a qualsiasi compagine di pallacanestro. E qui entra in ballo il presidente della SSC Napoli Aurelio De Laurentiis che, se anche non avesse voluto metterci la faccia, avrebbe impiegato pochi giorni per coinvolgere sponsor all’interno del progetto Napoli Basket. Sogni, cari lettori. Si tratta solo di sogni. Zero sponsor. Zero aiuti economici. Zero considerazione per la pallacanestro.
Se da una parte, dunque, la classe imprenditoriale napoletana (e non solo…) non ci ha fatto una bellissima figura, dall’altra di certo non si assiste ad un intervento deciso da parte dell’Amministrazione della Città di Napoli. Il Sindaco Luigi De Magistris e l’Assessore allo sport Pina Tommasielli, magari hanno agito a fari spenti, ma di appelli alla Città o ad altre forze economiche, nemmeno l’odore. Personalmente non ho mai ascoltato progetti o buone intenzioni da parte di questa (ma anche delle precedenti) Amministrazione. Si è preferito puntare sulla Coppa Davis, sulla Coppa America, sulle piste ciclabili e quant’altro. Per non parlare della mancanza di strutture adatte per la Città di Napoli. Il PalaBarbuto doveva essere un impianto provvisorio quando fu messo su qualche anno fa. Ora questo ‘prefabbricato’ rappresenta uno degli impianti principali per la Città, insieme al fatiscente San Paolo.
La conclusione inevitabile va ai tifosi. Forse tutti sapevano che quella con Imola sarebbe stata l’ultima partita. Domenica in un PalaBarbuto rumoroso, all’altezza della Legadue, mi chiedevo come potesse sparire questo sport in questa Città. Credo che questo interrogativo non avrà mai una seria risposta. Onore alla Banda Alcolica, onore agli Ultras, onore al Club dei Tifosi, onore ad ogni singolo uomo che occupava le gradinate del palazzetto Domenica 21 Ottobre. Mi piace chiudere questo pezzo con una frase pubblicata su Facebook da Davide, un tifoso di vecchia data che mi ha estremamente colpito Vorrei utilizzare le sue parole per fare una sorta invito a tutti i ‘calor di fiamma lontana’, a tutti coloro che non hanno spento il fuoco della passione per la pallacanestro: “Incazziamoci, mandiamoci a quel paese l’uno con l’altro, facciamo sbollire la delusione, metabolizziamo e ripartiamo, insieme! Quella palla deve sempre rimbalzare, a prescindere……..”
Servizio a cura di Stefano D’Angelo
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