La famiglia, certo. Il manager e l’entourage. E poi un uomo serio, sorridente e silenzioso che da sempre mastica il calcio come il pane, e che un giorno d’estate di un po’ di anni fa firmò un assegno da millecinquecento euro destinato a entrare nella storia del Napoli: Giuseppe Santoro. L’artefice che guarda con affetto e discrezione in un angolo, a modo suo, la crescita e i progressi. La persona che ha scoperto il ragazzino Lorenzo Insigne e lo ha vestito d’azzurro. Scrivendo le prime parole di una carriera che una città intera attende di leggere come una favola.
L’INIZIO – Bella davvero la storia che lega il dirigente napoletano, biondo gentiluomo vomerese che per anni s’è diviso tra la direzione del vivaio e la prima squadra, e che oggi recita da team manager nonché da fidatissimo collaboratore di Mazzarri, e il Bimbo d’oro. Un concentrato esplosivo di talento puro che oggi raggiunge il metro e 63 centimetri e che sin da piccolo tutti ritenevano inadatto al calcio dei grandi. Tutti tranne lui, Santoro: correva l’anno 2005 quando, dopo un raduno estivo organizzato dall’allora Scuola Calcio Olimpia Sant’Arpino, il presidente Orazio Vitale incassò un assegno da millecinquecento euro e consegnò il quattordicenne attaccante al Napoli. Anzi: «Ho dato Insigne al mio amico Santoro, non al club», ha sempre ribadito.
SCARTO D’ORO – Che colpo. Che fiuto. «Beh, devo dire che Santoro lo seguiva e lo voleva sin dai tempi in cui lavorava all’Avellino: io, però, mi convinsi a cederlo soltanto quando cominciò a lavorare per il Napoli, perché Lorenzo era molto legato alla sua famiglia e non volevo allontanarlo». Tra l’altro, Insigne fu scartato anche da Inter e Torino: bocciato perché ritenuto troppo basso e gracilino. «Non smetterò mai di ringraziarlo: il direttore Santoro è l’unico ad aver creduto in me», ha spiegato Insigne sabato, nel corso di un’intervista ai microfoni della radio ufficiale. E’ l’unico ad averci visto giusto: Napoli e il Napoli gli devono qualcosa.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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